Le chitarre jangly che fa tintinnare il musicista australiano non sono diverse da quelle di tante band di cui parliamo da queste parti, ma forse è proprio il "pure mood" della canzone a renderla speciale e, a mio parere, entusiasmante. Quel misto di imbronciata malinconia e serena cantabilità che è da sempre il marchio di fabbrica di tanti gruppi downunder, dai Bats ai Lucksmiths, dai Go-Betweens ai nomi più interessanti di oggi come Goon Sax o Egoism. Con in più la sghemba piacevolezza di certo indie americano dei Novanta (Pavement, Sebadoh...).
Il resto dell'album - venti minuti in tutto, ahimè - resta sulla stessa morbida e vagamente obliqua lunghezza d'onda, esibendo al tempo stesso un talento melodico fuori dell'ordinario e una dimensione artigianale che arriva al risultato davvero con il minimo dei mezzi.
Un gioiellino da non perdere per nessun motivo!
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