07 aprile 2023

Babaganouj - Jumbo Pets ALBUM REVIEW

Storia bizzarra quella degli australiani Babaganouj, in fondo quanto il nome che hanno scelto per la propria band (immagino spiato che si tratta di una salsa mediorientale). Fondati a Brisbane almeno una dozzina di anni fa da Charles Sale, Ruby McGregor e Harriette Pilbeam, i Babaganouj non hanno mai pubblicato un album prima di oggi, limitandosi a ad una serie piuttosto disordinata di singoli ed EP che li hanno resi noti nella scena indie australiana, ma mai quanto sia diventata celebre Harriette da quando ha iniziato la sua carriere solista come Hatchie (la riconoscete, seconda da destra, nella foto qui di fianco, giusto?). 

Jumbo Pets arriva addirittura dopo sei anni dal precedente EP (che aveva curiosamente proprio la Pilbeam in copertina) e porta quindi con sé una forte componente di (graditissima) sorpresa. 

Avvertimento per i fan di Hatchie: non troverete nei Babaganouj lo scintillante (fin troppo) modernariato '80s che è diventato il suo marchio di fabbrica e che l'ha resa una piccola icona. Fin dai suoi esordi la band (in cui Harriette è bassista ma non è assolutamente al centro della scena) è decisamente più basata su stilemi post punk in cui chitarre, melodia e ritmi mid e uptempo dominano, e i tredici pezzi dell'album hanno senz'altro impresso questo dna, con un retrogusto che ci porta direttamente ai Big Star e dalla loro travolgente semplicità. 

Non avrete bisogno di molto però per innamorarvi dei Babaganouj: giusto i 4 spettacolari minuti di What Planet Do You Come From?, che parlano la stessa lingua entusiasticamente elettrica dei The Beths o dei nostri amati "punk gentili" Fresh, Martha o Fight Milk.

Tutto il disco è in verità una formidabile macchina di singoli alternativi, corali e spesso amabilmente sopra le righe e persino un po' ruffiani, che potrebbero ricordare un po' i connazionali Quivers per potenzialità catchy, ma con un eclettismo programmaticamente fondativo e una carica di autoironia e di sorridente sfrontatezza che rende il tutto oggettivamente irresistibile. E con un'ipertrofia onnivora e fragorosa che qua e là (She Wears Velvet) ricorda persino i New Pornographers e vira verso lo shoegaze, impenna su caramellosi stilemi pop punk (Stay Up For Me) e appena rischia di sforare ritorna a parlare il linguaggio classicissimo e quasi cantautorale del pop (Don't Wanna Dream Anymore, per dirne una). 

Alla fine, nell'ampiezza generosa di Jumbo Pets ci si può persino perdere (tante atmosfere diverse, voci che si alternano in continuazione, ecc.), ma l'impressione è che i Babaganouj abbiano voluto dipingere sulla tela tutto quello che sono in grado di fare, e parliamo di musicisti dall'esperienza ormai decennale e dal grande talento di scrittura. E, per essere onesti, non c'è un solo episodio debole nel lotto, con anzi una propulsiva serie di pezzi che fanno saltare sulla sedia. 

Il primo grande album del 2023.

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