Mentre mi accingo a scrivere dell'album di debutto dei Lurve mi vengono diversi spunti per iniziare il discorso. Il primo - forse il meno determinante - è il fatto che una band russo/estone finisca a incidere per un'etichetta australiana, a dimostrare ironicamente come la musica indie ti faccia davvero girare mezzo mondo. Il secondo - quello più personale - è che spesso mi è capitato di trovare giusto nella coda di dicembre i dischi più interessanti dell'intero anno, il che potrebbe proprio essere il nostro caso. Il terzo sta nella constatazione di quanto un album come Psychocandy dei Jesus & Mary Chain, a 36 anni di distanza dalla sua uscita, abbia ancora un'influenza così profonda su band di ragazzi che nel 1985 non erano nemmeno nell'immaginazione dei loro genitori (e lo stesso discorso lo potremmo fare per i Makthaverskan, di cui abbiamo recentemente parlato, o per i Violet Cheri).
I Lurve, che vengono in realtà (e non c'è da stupirsi) dallo shoegaze e precedentemente si chiamavano Gaarden, sono nutriti di un'etica e di un'estetica post punk ed ogni episodio del disco, dall'iniziale splendida Right Moment in poi, gira intorno a questo liquido intreccio di chitarre jangly e synth che emergono da un denso umore brumoso con i loro scintillii (I Hate Your Face rende bene l'idea di questo straniante mix di durezza e dolcezza). Loro stessi si definiscono "dream punk", ed è un bel riassunto di ciò che fanno.
I nove pezzi dell'album dipingono un mondo in bianco e nero ma non oscuro, anzi. Tutto, dai ritmi dinamicamente uptempo alle melodie di lineare immediatezza, dalle trame delle chitarre alla ricerca del ritornello che si ripete ad libitum fino a stamparsi in testa, va a creare un interessante ed efficacissimo contrasto con liriche quasi sempre depressive . Il che, a ben vedere, è uno dei capisaldi su cui si è fondata la poetica indie pop di mille gruppi tra gli Ottanta e i Novanta, Dai Joy Division e dai Cure in giù. Prendete ad esempio la formidabile Small Talk, con la sua luminosa purezza pop paradossalmente abbracciata ad una normalissima storia di solitudine ed inadeguatezza. O Even If I'm Happy I'm In Pain, episodio centrale del disco, che già nel titolo ribadito a nastro nel refrain è senz'altro un ottimo claim per la loro musica da forte potenziale catartico.
In definitiva Lurve è un grande album, ricco di un fascino inquietante ma intensissimo, non facile e al contempo di eccezionale immediatezza.
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