01 agosto 2025

Fragile Animals - Tourist EP REVIEW


Nel 2023 l'uscita dell'album di debutto dei Fragile Animals mi aveva talmente colpito che alla fine dell'anno Slow Motion Burial era finito tranquillamente nella lista ristretta dei dischi dell'anno. 

Del gruppo australiano (un duo di base, oggi quartetto) avevo amato quella capacità di essere formalmente perfetto ed emotivamente scenografico che è tipica di band di forte impatto come Bleach Lab, Basement Revolver o Wolf Alice.

Il nuovo ep Tourist ci riporta alla grande nel mondo di chiaroscuri dei Fragile Animals con sei pezzi che ancora una volta mettono in luce la eccezionale bravura di Victoria e Daniel nel costruire i loro crescendo notturni, che scintillano di chitarre che partono sempre atmosferiche in un intreccio sottilmente obliquo ed esplodono a poco a poco di fragore elettrico (prendete l'avvolgente Sending Flares come esempio). 

Non c'è dubbio che la voce delicata e determinata insieme di Victoria Jenkins sia un notevole plus stilistico della band (in Into It è davvero una luce baluginante nella notte), ma sono soprattutto il mood oscuro, quasi drammatico (Allergic), e l'energia catartica di tutti i pezzi a rendere il gruppo di Brisbane così efficace ficcante in ogni cosa che fa. 

28 luglio 2025

Lightheaded - Thinking Dreaming Scheming! ALBUM REVIEW


Avete il nuovo dei Jeanines in rotazione da giorni e fate fatica ad allontanarvene? Vi capisco. Ma vi consiglio subito un altro disco che vi farà impazzire, e che - sì sì è così - è quasi più bello di quello di Alicia e Jed. 

Cynthia Rittenbach e Stephen Stec hanno fondato i Lightheaded (oggi un quintetto) quasi dieci anni fa nel New Jersey, ma hanno pubblicato solo un ep e un album prima di questo Thinking, Dreaming, Scheming!, che già dalla copertina fanzine-style grida indie pop a tutto spiano. 

In realtà, lo diremo poi, il disco è una somma di un ep nuovo e un ep vecchio, ma - specialmente se scoprite i Lightheaded solo ora - è un'ottima soluzione per entrare con tutti i piedi nel loro mondo atemporale.

Partiamo dai già citati Jeanines. Non c'è dubbio che i Lightheaded ne condividano l'etica e l'estetica, per così dire, facendo in sostanza parte della stessa scena e della stessa label (che è la Skep Wax di due leggende viventi come Amelia Fletcher e Rob Pursey), ma al contempo interpretano il genere con un'attitudine meno essenziale e con un retrogusto sixties molto più evidente, simile a gruppi come The Aislers Set. 

Same Drop, il pezzo che apre il disco (il lato A, quello nuovo), basterà probabilmente a farvi innamorare per sempre dei Lightheded. Siamo decisamente nel territorio scintillante dei girl groups alla Phil Spector, dei tambourines che sferragliano in aria, delle melodie di zucchero filato, ma anche in quello dei primi Belle & Sebastian, con un uso formidabile del violoncello e della tromba che sembra veramente una citazione degli scozzesi. Che meraviglia!

La successiva The Lindens, The Lindens, The Lindens! ci porta dentro una gioiosa danza vagamente hippy (un po' Fairport Convention), che rallenta e accelera continuamente.

Me and Jessica Fletcher alza i giri e lo fa, giustamente, nello stile anorak post punk dei Talulah Gosh o dei Tender Trap (ed è un omaggio doveroso e sorridente alla regina dell'indie pop). 

The View From Your Room ha quell'aria sghemba e centrifuga, soffice e puntuta al tempo stesso, che piace tanto agli Alvvays e già da sola merita applausi per la sua architettura sonora. 

Crash Landing Of The Clod sembra una outtake del primo album dei Camera Obscura, morbida, avvolgente ed obliqua come sapeva essere la band scozzese.

Con Mercury Girl inizia la side B dell'album, che in realtà è nient'altro che l'ep Good Good Great già edito nel 2023. L'episodio citato è il cuore pop di tutto il disco ed è un pezzo davvero peculiare oltre che ambizioso: sensuale a suo modo, e al contempo ironico, con una allure decisamente brit. Ecco, è qui che i Lightheaded evidenziano una notevole distanza dall'essenzialità lo-fi di tante band di genere (siamo partiti dai Jeanines) e puntano invece a creare un suono pieno (c'è davvero un florilegio di strumenti e cori) in cui è dannatamente piacevole immergersi. 

Una delizia come Orange Crimsicle Head - anche qui splendidi archi che ingentiliscono una struttura cantautorale acustica - ci riporta ancora nello stile di Tracyann Campbell (e ci fa venire un botto di nostalgia di quella scena lì). 

Se The Garden è una filastrocca folk giocosa, Patti Girl è una indie pop gem super frizzante che potrebbe venire tanto da una band della Sarah quanto dalla penna di uno Stuart Murdoch. E la geniale, (anti)romantica, malinconica e magnificamente retrò Love Is Overrated è la conclusione ideale per un'infilata di canzoni che non può che lasciare a bocca aperta. 

Album imprescindibile! Difficile immaginare di stare senza... 

24 luglio 2025

Jeanines - How Long Can It Last ALBUM REVIEW


Si potrebbe scrivere un piccolo trattato su quello che l'indie pop delle origini: quali sono i must stilistici? quali i modelli? quale l'attitudine produttiva e melodica? quale l'etica? 

Poi però, davanti a un qualsiasi album dei Jeanines, sarebbe in fondo sufficiente dire "ecco, questo è l'indie pop originario", e tante parole suonerebbero inutili. Semplicemente il trio americano è il punto di congiunzione ideale fra l'epoca d'oro della Sarah e della K (ma anche dei primi Belle & Sebastian e Camera Obscura) e l'oggi. Come tante altre band, certo, ma con una purezza di spirito talmente limpida da far immediatamente scomparire ogni tentazione di nostalgia. 

Quanto siano fondamentali Alicia, Jed e Maggie per il genere di cui ci occupiamo è ormai scontato ribadirlo: arrivati al terzo album dopo Jeanines e Don't Wait For A Sign, i tre musicisti del Massachusetts danno prova di possedere a tal punto il genio dell'indie pop da sfiorare la perfezione in ogni singola nota suonino.

Tredici pezzi, poco più di venti minuti la durata complessiva del disco, come canone comanda. Da sempre la prerogativa numero uno dei Jeanines è concentrare bellezza in un minuto e mezzo o poco più di canzone: giusto il tempo di un paio di strofe e di un ritornello che ti si appiccica addosso al primo ascolto. Intorno il corredo necessario e nulla più: chitarre magnificamente jangly che si intrecciano rincorrendosi, un basso che punteggia il ritmo con deliberata semplicità, una batteria essenziale, la voce di splendida fragilità di Alicia Jeanine, le belle armonie vocali.

Da The Fall in giù è tutto un fiorire di melodie profumate di leggerezza, che vivono della stessa propulsiva freschezza che avevano quelle band di 30/40 anni fa che amiamo (Heavenly, Talulah Gosh, Pastels.......) e sembrano attraversare il tempo intatte come una cometa di Halley che torna con serena regolarità a illuminare il cielo. 

E' difficile anche scegliere un episodio più bello dell'altro (dirò solo le mie preferite, What's Done It's DoneSatisfied, che canticchio da giorni tra me e me senza manco accorgermene), tanto l'intero album è un flusso compatto di piccoli tesori mid tempo che brillano di luce propria. Tesori che non hanno avuto bisogno di essere abbelliti con una particolare produzione ma, come sempre fanno i Jeanines, esibiscono la loro dimensione completamente artigianale, perfettamente imperfetta. 

04 luglio 2025

Castlebeat - Revival ALBUM REVIEW

Cosa possiamo dire ancora di Josh Hwang che non abbiamo già detto in questi anni? Da una parte è una delle colonne della scena indie pop americana (anche grazie alla sua etichetta Spirit Goth), dall'altra ha portato avanti un percorso di rara coerenza e pure al contempo sempre pronto a sperimentare qualcosa di nuovo nella sua programmatica dimensione DIY. 

Nei sedici episodi (sedici!) di Revival troviamo per l'appunto un'antologia stilistica perfetta e completa di quello che è stato ed è il progetto Castlebeat.

I pezzi di Josh da sempre si collocano idealmente a cavallo di quattro quadranti: quelli dove prevalgono le chitarre (jangly quasi sempre, spesso sfrigolanti), quelli dove prevalgono i synth, quelli più apertamente catchy, quelli più sfumati ed atmosferici. Le variabili sono queste e tirano di più da una parte o dall'altra, mixando gli elementi e spingendo qua e là sul pedale di un post punk squadrato (LiesIvy League ad esempio). Le costanti sono la voce filtrata, la drum machine che scandisce una ritmica mid o uptempo, ed una morbidezza melodica di fondo che è comunque onnipresente ed è forse il segreto della ricetta (rigorosamente casalinga) di Castelbeat. 

30 giugno 2025

SINGOLI & EP SUMMER IS HERE EDITION

La nostra collezione di inizio estate si apre stavolta con gli ep, e in particolare con il guitar pop frizzante e deliziosamente obliquo dei californiani Whitney's Playland. Californiani, ma più morbidi e sfumati, anche i Pennys. Affascinante lo shoegaze "classico" (alla MBV) dei taiwanesi The Giraffe Told Me In My Dream. A seguire il post punk in purezza dei Rainwater e tre splendide canzoni nuove della nostra favorita Amy Bevan, ovvero Broken Dreams Club. Tre pezzi anche nelle di Michele Cingolani, ovvero Waving Blue.

 

 





Nella sezione singoli le cose più interessanti sono il dream pop raffinato dei malaysiani Commemorate e l'indie pop frizzante dei brooklyniani Diary. Poi un nuovo pezzo dei The Kind Hills, affascinante e obliquo come sempre e il guitar pop elegante dei Films On Song.  La vera grande notizia è il ritorno degli Heavenly, ma c'è anche un pezzo da novanta come Fazerdaze ed un altro ritorno attesissimo, quello dei Fragile Animals. A chiudere i miei spagnoli preferiti, Pàlida Tez













26 giugno 2025

Career Woman - Lighthouse ALBUM REVIEW

E' da un bel po' - almeno da quando Melody Caudill ha pubblicato i suoi primi singoli appena terminato il liceo - che sostengo che Career Woman sia l'erede legittima di Waxahatchee. Lo stile cantautorale della losangelina in effetti ha molte similarità con quello di Katie Crutchfield: da una parte una esibita muscolarità indie rock, dall'altra una forte immediatezza pop, con un evidente coté folk e una naturale capacità di raccontare e raccontarsi. 

D'altra parte, con un nome così, non deve essere un caso se Melody ha bruciato le tappe e oggi, appena terminati i tre anni di college a Santa Cruz, ha definito con grande lucidità la dimensione artistica di Career Woman, che da progetto solistico quasi da cameretta è diventato una band di quattro elementi con un solido retroterra rock che, immagino, renderà particolarmente dal vivo. 

Non arriverò a dire che Lighthouse - che, strano a dirlo, ma è il disco d'esordio di Melody - sia il suo Ivy Tripp, ma senz'altro è un album ambizioso che si inserisce in una poderosa tradizione di female Singer songwriter di area indie - oggi direi la guidano Soccer Mommy, Julien Baker, Lucie Dacus e Phoebe Bridgers - senza alcuna paura di confrontarsi con quei modelli e al contempo senza tentare strade oblique e sperimentali (alla Japonese Breakfast per intenderci).

Gli undici pezzi di Ligthouse fanno il loro mestiere e arrivano subito dritti: hanno le chitarre sempre bene al centro, sprizzano dinamismo e urgenza comunicativa da tutti i pori e convogliano l'energia in modo intelligente e sapientemente scenografico (prendete il crescendo di Piano Song o la sorniona semplicità catchy post-adolescenziale di Hit and Run). 

Insomma, Melody non è più la ragazza che pubblicava demo voce e chitarra, o per la precisione non lo è più del tutto, perchè dietro il suono rotondo e pulito delle sue nuove canzoni (They Told Me To Say Nothing ad esempio) in fondo è racchiusa quella fragilità che ci ha fatto innamorare di lei. 

22 giugno 2025

Hidden Eyes - Seeking Certainly ALBUM REVIEW

Sono un bel mistero gli Hidden Eyes. Bello perchè, a conti fatti, sono oggettivamente una delle migliori band indie che ci siano in giro. Mistero perchè, come già notavamo in occasione dell'uscita del loro splendido album precedente, è praticamente impossibile reperire qualche informazione su di loro: restiamo a quanto sapevamo già, ovvero che si tratta di un due formato dai fratelli Dylan e Lou e che sono basati nel Leicestershire. 

Ma al di là di qualsiasi informazione biografica, possiamo non amare una band che su Bandcamp si presenta così: "facciamo musica in casa e la lasciamo qui in caso a qualcuno piaccia..."? 

Seeking Certainly prosegue sulla strada già tracciata da Dylan e Lou nel recente passato: un diluvio di chitarre che vibrano di elettricità statica, ritmiche essenziali, melodie di circolare dolcezza esaltate dalla voce sottile di Lou e da quella timida di Dylan, una produzione che più artigianale di così non si può. 

E' evidente che nelle corde degli Hidden Eyes c'è l'intera tradizione di indie americano dei '90, da Dinosaur Jr e Built To Spill, ibridata con un approccio vicino allo shoegaze "accessibile" dei Ride e degli Slowdive, con in più un tocco di slacker rock. 

Quando poi Dylan e Lou vogliono essere veramente catchy - prendete Household Name ad esempio - emerge il loro vero marker stilistico: una innata capacità di trascinare senza bisogno di nessun effetto speciale. 

I nove episodi dell'album scorrono via con sfrigolante leggerezza, e davvero si legge tra le righe di ogni pezzo l'entusiasmo e l'amore di chi ha costruito queste canzoni letteralmente in cameretta, con la pura e semplice ambizione di trovare un pugno di ascoltatori qui fuori che possano apprezzarle. 

18 giugno 2025

flinch. - Misery Olympian ALBUM REVIEW

Sono ancora sbucciate le ginocchia di flinch. nella copertina del nuovo album, che esce a distanza di ben quattro anni da quell' enough is enough che all'epoca ci aveva fatto innamorare del suo fascino lo-fi (e proprio della sua copertina!)

Oggi, ci sembra di capire, attorno a Beth Balck c'è un'intera band a totale trazione femminile. 

Quello che non cambia è lo stile slacker rock essenziale, ironico e intelligente che avevamo già trovato allora. La dimensione è quella canonica: due chitarre elettriche, basso, batteria, la voce naturale di Beth che racconta i casi della sua vita.

I pezzi del quartetto scozzese trasudano indie dei '90 da ogni poro, ed è probabilmente il motivo principale per cui ci piacciono da morire: hanno quell'andamento obliquo e quel mix perfetto di spigoli, dolcezza e spontanea artigianalità che ci fa pensare subito alle band che si fanno le ossa suonando nei garage di periferia. 

I titoli da soli valgono come sempre il viaggio. Ne cito un paio: i heard monogamy and the patriarchy are best of friends (and Tennyson wrote that poem about his best friend); well maybe you're not afraid of me but I'm sure you've thought about me naked... 

Il mood è catarticamente e programmaticamente triste, ma su tutto aleggia un senso di grande (forse un po' sarcastica) leggerezza che rende ogni episodio terribilmente immediato e piacevole. 

13 giugno 2025

Subsonic Eye - Singapore Dreaming ALBUM REVIEW


A sentire Singapore Dreaming, quinto album dei sempre ottimi Subsonic Eye, mi viene da pensare che probabilmente noi europei sbagliamo a considerare l'Oriente come un periferia dell'indie. Non c'è luogo al mondo oggi, in un quadrato geografico fra Tokyo, Corea / Sud della Cina, Filippine e Indonesia (e Singapore sta giusto lì al centro, e forse è proprio il centro del mondo), dove l'indie pop è vivo e vivace: volendo, potrei passare le giornate ad ascoltare band di giovani e giovanissimi che vengono da quelle parti e imbracciano l'etica, l'estetica (e le chitarre) del nostro genere preferito. 

La band di Nur Wahidah in particolare - lo diciamo fin dai suoi esordi, visto che la seguiamo da anni - ha fatto proprio delle chitarre il proprio credo: pochi gruppi in giro le usano come loro, jangly, distorte, intrecciate, sempre terribilmente croccanti, al servizio di un'attitudine melodica e insieme obliqua, dinamica e capace di sembrare immediata senza esserlo. 

Pezzi brillanti come Aku Cemas o Why Am I Here - citiamo giusto i due che introducono alla grande l'album - descrivono bene il guitar pop dei Subsonic Eye: raffinatissimo e personale nella costruzione, semplice nelle liriche, propulsivo e arrembante nel costruire attorno alla voce (apparentemente) dolce di Nur un'architettura sonica complessa che tende a riempire davvero ogni angolo, rallenta e accelera senza soluzione di continuità.

Difficile trovare particolari somiglianze nella musica della band di Singapore: c'è un po' di Say Sue Me, un po' di Kindsight, tanto indie dei '90, ascendenze post punk, la tradizione jangly rivissuta in senso power pop e fragori shoegaze...

In verità i Subsonic Eye hanno veramente una personalità fortissima e ormai sono una radicata certezza.


08 giugno 2025

Sloe Noon - All Feelings No Technique EP REVIEW

All Feelings, No Technique è senz'altro uno dei titoli più arguti, ironici (e forse programmatici) in cui mi sia imbattuto in tanti anni. Non che la musica di Anna Olivia Böke sia priva di tecnica - tutt'altro! - ma non c'è dubbio che sia piena di passione. Una passione che l'artista tedesca ha coltivato sia in patria che a Brighton, dove ha studiato e si è mescolata con la nutrita scena indie locale.

Arrivata al terzo ep della sua creatura Sloe Noon, Anna ha messo sempre più a fuoco il suo guitar pop capace di essere denso e poderoso ed al contempo sognante e brioso, una dote questa che caratterizza fortemente la sua musica e la rende, per l'appunto, piena di prepotente emotività.

Solo cinque i pezzi nell'ep, ma tutti molto carichi, molto centrati e prodotti con grandissima cura, per certi versi non lontani da un certo cantautorato femminile che ama le chitarre (Soccer Tommy, Beach Bunny...), ed al contempo prossimi anche al power pop patinato, virato seppia e scenografico dei Blech Lab (Mindsweeper ad esempio) ed al dream pop energico e catartico dei Basement Revolver.