Sunk, l'EP appena uscito, mi sembra un ottimo biglietto da visita se avete voglia di scoprire questa singer-songwriter americana il cui nome non è (ancora) nel novero delle star del cantautorato indie ma possiede una personalità fortissima e distintiva. I sei pezzi del lotto procedono da una semplicità di fondo che si incentra sulla chitarra acustica e la voce, ma non c'è nulla del bedroom pop a cui sono accostati da alcune review: c'è anzi in ogni canzone di Sunk, oltre alla perfetta circolarità che collega il primo episodio all'ultimo come perle di un'unica collana, quella stessa ricerca di pulizia, di purezza e di emozionalità parte costruita parte spontanea che troviamo anche nella musica dei Big Thief o di Mitski o di Waxahatchee o della prima Cat Power, pere fare alcuni nomi "importanti". Una ricerca che parte acustica e ci costruisce sopra in modo delicatamente elettrico, con uno schema che a me ricorda un'artista che ho sempre amato molto come Gemma Hayes.
Non c'è dubbio che Maya Bon usi la scrittura e la sua voce così malleabile come strumenti catartici (i'm human and i'm prone to accidents of heart canta in Twenty Dried Chillies) ed è probabilmente questa la sua forza principale, in grado di dare una ombrosa ma potente tridimensionalità al proprio intimo e serrato ruminare sulle cose della vita.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.