tag:blogger.com,1999:blog-354002132024-03-29T04:29:09.796+01:00(just another) pop songUnknownnoreply@blogger.comBlogger512125tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-18453866295359921912024-03-28T17:26:00.001+01:002024-03-28T17:26:00.133+01:00Stillfilms - Souvenirs From Underground EP REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxfLwqCVG0ipu8SsaIDSVwstDLLH9o4ioLEG3xAJtrDwY7meWyLpUbEgvHGxaiePvRMg53rlYXaCxYZopg8pAOIWDJBiNSvntLhLe4wZzuv6jj6p7_-EPCf7U3l4YSAoPhTDQiEQN3AWwC3jYjhZpoGF6M76q8lBHYOp0lgpF1clrVjpLXfSrE5Q/s1388/Screenshot%202024-03-25%20alle%2017.38.27.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1388" data-original-width="1358" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxfLwqCVG0ipu8SsaIDSVwstDLLH9o4ioLEG3xAJtrDwY7meWyLpUbEgvHGxaiePvRMg53rlYXaCxYZopg8pAOIWDJBiNSvntLhLe4wZzuv6jj6p7_-EPCf7U3l4YSAoPhTDQiEQN3AWwC3jYjhZpoGF6M76q8lBHYOp0lgpF1clrVjpLXfSrE5Q/w391-h400/Screenshot%202024-03-25%20alle%2017.38.27.png" width="391" /></a></div>Se parliamo del dream pop del giorno d'oggi, sono abbastanza convinto che lo zeitgeist sia rappresentato soprattutto dai Blech Lab, con il loro ricercato mix di morbidezza e suggestione (ne abbiamo parlato ampiamente l'anno passato). E non a caso c'è un notevole fiorire, un po' ovunque, di band che puntano molto sulla pulizia formale, sulla perfetta dolcezza melodica e su chitarre che avvolgono morbidamente di echi. <p></p><p>Tra queste band ci sono anche i losangelini Stillfilms, che da queste parti seguiamo - singolo dopo singolo - praticamente dagli esordi. Il gruppo guidato da Sophia Medina - non sembri una semplificazione, anzi è un complimento! - pare davvero la versione d'oltreoceano dei Blech Lab. </p><p>Le atmosfere ritratte dai cinque pezzi dell'ep d'esordio (in realtà li conosciamo già) risplendono di un fascino notturno e di una grande eleganza produttiva, che trova una perfetta quadratura nel rotondo dinamismo delle ritmiche, nei ricami atmosferici delle chitarre e nel fascino vocale di Sophia. <i>Drag Me Down</i>, primo episodio anche in senso cronologico, vale già da solo il viaggio. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2279196882/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://stillfilms.bandcamp.com/album/souvenirs-from-underground">Souvenirs From Underground by stillfilms</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-64511654798339435462024-03-22T16:01:00.002+01:002024-03-22T16:01:29.574+01:00bedbug - pack your bags the sun is growing ALBUM REVIEW<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJQ9WAxBnuP6Oj2UAbkdEbmqz5UXvcvKIsbiIHujPiHf16NeNx7-Se7srC78XaZmt5Lb7778WasLDuCjp87oiXDZdqAfcsTQ2jbSYIBuDyHH0FiE3v-DgyxSoHh-KkEOJfmpB-jXBysP6_Nn8wAuDq3UmSQ7Blbo3A1-hOpnQw5WRcVvGudjTvnA/s1572/Screenshot%202024-03-22%20alle%2015.29.01.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1572" data-original-width="1124" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJQ9WAxBnuP6Oj2UAbkdEbmqz5UXvcvKIsbiIHujPiHf16NeNx7-Se7srC78XaZmt5Lb7778WasLDuCjp87oiXDZdqAfcsTQ2jbSYIBuDyHH0FiE3v-DgyxSoHh-KkEOJfmpB-jXBysP6_Nn8wAuDq3UmSQ7Blbo3A1-hOpnQw5WRcVvGudjTvnA/w286-h400/Screenshot%202024-03-22%20alle%2015.29.01.png" width="286" /></a></div>La storia di Dylan Gamez Citron è molto "americana": di origini messicane, cresce nella periferia di New York, poi va a studiare a Boston alla Northwestern University - qui fonda il suo progetto bedbug (minuscola di rigore) - inizia quindi a lavorare come supplente a scuola, poi si trasferisce a Los Angeles dove ritrova la famiglia e vive facendo counselling. Tra un'attività e l'altra, l'attività musicale di Dylan è sempre stata più che altro una passione, tanto che i tre album precedenti a questo e marchiati bedbug erano sostanzialmente delle autoproduzioni casalinghe lo-fi, con una spruzzata di antifolk, una base di cantautorato indie di obliqua canonicità e una sferzata elettrica di garage pop. <div>Pack your bags - titolo che sembra alludere al trasloco fra la Boston in cui a lungo ha vissuto e suonato e la nuova avventura californiana - è in verità il primo album di Dylan completamente registrato in uno studio e prodotto con una estesa cura dei particolari. Ed è un disco talmente bello, coinvolgente e poetico che, pur non essendo in realtà particolarmente tangente all'indie pop di cui ci occupiamo qui, sarebbe un delitto non parlarne.</div><div>Ascoltando le canzoni dei bedbug (c'è un band attorno a Gamez) la prima riflessione che viene in mente è quanto i Neutral Milk Hotel abbiano lasciato una scia lunga dietro il loro "Aeroplane over the Sea", visto che a quasi trent'anni di distanza quel mix di folk della tradizione, indie rock sghembo e torrenziale esigenza di racconto si ritrova in tanti artisti di oggi (ne citiamo uno: Kid Chamaleon, giusto per restare a Boston, anche nella sua seconda incarnazione chiamata fine.). Dylan Gamez Citron in fondo è l'ultimo di una lista lunga, ma ciò che colpisce, al di là di una originalità di ingredienti che non può né vuole esserci, è la sua capacità di scrittura così lirica e potente, che deve molto senz'altro al citato Jeff Mangum ma anche a Conor Oberst, a Waxahatchee, ai Death Cab For Cutie, ai Lemonheads, ai Sebadoh, a Sufjian Stevens, agli Sparklehorse e in definitiva all'universo indie dei '90. </div><div>Le canzoni di bedbug sono insomma eredi di una tradizione, ma poi in definitiva possiedono una purezza originaria che vive e risplende di luce propria senza bisogno dei propri modelli. I dodici pezzi dell'album brillano di una delicatezza adorabilmente descrittiva, hanno un'anima acustica e programmaticamente stonata, ma nel loro parlare di stelle, autostrade, boschi in fiamme, trovano sempre un dinamismo incredibilmente a fuoco, perfettamente speculare al mood che comunicano, sempre suggestivo e cinematico nella loro (apparente) improvvisazione. Ma la successione stessa degli episodi, da <i>The City Lights </i>in giù, non ha in fondo così importanza: Pack your bags è nel suo complesso un album che va ascoltato come un unico ciondolante e vagamente ipnotico flusso di coscienza, un viaggio sia interiore che esteriore. </div><div>Se vi piacciono gli artisti citati sopra, i bedbug sono il vostro nuovo gruppo preferito! </div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3091154819/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://disposableamerica.bandcamp.com/album/pack-your-bags-the-sun-is-growing">pack your bags the sun is growing by bedbug</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-78503404724467732992024-03-16T15:00:00.007+01:002024-03-17T18:52:28.907+01:00PIETRE MILIARI: Sambassadeur <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEkLZXhy3WxRxIapss98jMCbGzzo_JSx_BuRSKN8-rOHCmbHexsdwiyT3AeK1gc0-nZ2_C-2dKqQHriNO4NCLWMsaAUCekly3OXCaf6ZKYeR9HYpQvc8-JL2qCbMwNH-H5SLnNoMKibydaG0UNupuosjUxZu1fB2AUcOsD3tXRheHIYJEilCBbUA/s4724/samb4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1481" data-original-width="4724" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEkLZXhy3WxRxIapss98jMCbGzzo_JSx_BuRSKN8-rOHCmbHexsdwiyT3AeK1gc0-nZ2_C-2dKqQHriNO4NCLWMsaAUCekly3OXCaf6ZKYeR9HYpQvc8-JL2qCbMwNH-H5SLnNoMKibydaG0UNupuosjUxZu1fB2AUcOsD3tXRheHIYJEilCBbUA/w640-h200/samb4.jpg" width="640" /></a></div><br />Anna Persson è una ragazza di provincia. Linköping, la pigra cittadina piazzata giusto a metà fra Stoccolma e Göteborg in cui è cresciuta non è certo un prodigio di vitalità musicale alla fine degli anni '90, ma non è poi così diversa (né lontana) da quella Jönköping da cui un decennio prima erano decollati verso il mondo i Cardigans (che, sarà un caso, erano guidati da una cantante che con la nostra Anna condivide il cognome, Nina Persson).<p></p><p>In Svezia l'indie è un genere diffuso: la maggior parte delle band inglesi e americane un giro da queste parti se lo fanno volentieri, il pubblico è tanto composto quanto esperto, tanti hanno pure la loro piccola band amatoriale e si può dire che esista una "scena" in ogni città media o grande. Almeno una decina di label di tutto rispetto sfornano ogni anno dischi di gruppi di belle speranze che sognano di seguire la strada dorata dei Cardigans. L'indie svedese, si dice a inizio anni '00, è sul punto di esplodere (spoiler: non avverrà).</p><p>Quando si trasferisce per gli studi universitari a Skövde - il classico paesone dalle casette colorate, immerso nel verde paesaggio rurale svedese e popolato quasi esclusivamente da studenti - Anna è una delle tante ragazzine che ascoltano musica indie, con quello spirito onnivoro e innamorato della melodia che hanno tanti suoi coetanei scandinavi. Conoscere altri ventenni appassionati di musica non è certo difficile a Skövde, e infatti in breve diventa amica di due altri studenti che si chiamano Daniel Pernbo e Joachim Läckberg. I tre decidono di suonare insieme, mossi anche da una sensibilità che sembrano condividere a pieno: l'amore per tutto ciò che è catchy e gentile, elegantemente retrò e squillante di chitarre jangly. I primi tentativi (Anna canta con uno stile amabilmente algido che forse deriva dall'adorazione che ha nei confronti di Nico; Joachim suona le chitarre e Daniel la batteria) li convincono che ci vuole anche un bassista, e così scritturano un altro Daniel, che di cognome fa Tolergård. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlSxXSiwRFnaGB8Xz9_4bvKZAaeMcOt9FXdnI4h5PQ9Oz-bg9CgcFrIDxut6Yu2gn6-jNRIWuPjIeIUVPL3BEVJmqLqPgEnh158nfJi2DB46dDAE_qaIwC6q9BFDz3LD1IV7n4XiwHTgvqEIJ1f2OSoKfaM8LXcO5-Tsg78_NV3uj1KX2Q3NkVXw/s4368/samb5.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2912" data-original-width="4368" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlSxXSiwRFnaGB8Xz9_4bvKZAaeMcOt9FXdnI4h5PQ9Oz-bg9CgcFrIDxut6Yu2gn6-jNRIWuPjIeIUVPL3BEVJmqLqPgEnh158nfJi2DB46dDAE_qaIwC6q9BFDz3LD1IV7n4XiwHTgvqEIJ1f2OSoKfaM8LXcO5-Tsg78_NV3uj1KX2Q3NkVXw/w400-h266/samb5.jpg" width="400" /></a></div><br />Nascono così i Sambassadeur. È il 2003 e di lì a poco i nostri lasceranno Skövde per basarsi ufficialmente Goteborg.<p></p><p>Il nome della band è un omaggio a un pezzo di Serge Gainsbourg, ma anche una dichiarazione d'intenti per una band che vuole suonare indie rock ma è innamorata tanto dei Teenage Fanclub quanto degli chansonnier francesi (Tolergård e Läckberg hanno fatto un semestre ad Avignone fra l'altro). C'è in giro anche una versione secondo la quale i nostri volevano chiamarsi Ambassadeurs ma il nome era già preso e così hanno aggiunto una "s", ma la spiegazione ha poco charme.</p><p>I Sambassadeur nascono come "band da cameretta", e un po' lo saranno sempre. Le registrazioni agli esordi sono praticamente dei demo, e il primo singolo <i>Ice & Snow</i> esibisce già nel suo dna tutta la poetica del gruppo. Una quieta contemplazione del mondo vista da dietro il vetro di una finestra (<i>Seems like the word's still spinning round, 'cause the sun goes up and down, and when the early morning comes, it will be another one</i>), perfettamente aderente al confortevole abbraccio della musica: il cembalo, le chitarre, il synth, la voce morbida di Anna, come una culla che ti accompagna in un'alba nordica. Una <i>Sunday Morning</i> sotto i cieli di ghiaccio della Svezia. </p><p>E' il preludio al contratto discografico, che arriva in fretta e con la label indipendente più importante della Scandinavia, la Labrador Records, che nel delicato splendore dell'indie pop dei quattro deve avere intuito qualcosa di speciale.</p><iframe allow="autoplay" frameborder="no" height="450" scrolling="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/playlists/923100787&color=%23ca4041&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true" width="100%"></iframe><div style="color: #cccccc; font-family: Interstate, "Lucida Grande", "Lucida Sans Unicode", "Lucida Sans", Garuda, Verdana, Tahoma, sans-serif; font-size: 10px; font-weight: 100; line-break: anywhere; overflow: hidden; text-overflow: ellipsis; white-space: nowrap; word-break: normal;"><a href="https://soundcloud.com/sambassadeur" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sambassadeur">Sambassadeur</a> · <a href="https://soundcloud.com/sambassadeur/sets/between-the-lines-481027770" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Between The Lines">Between The Lines</a></div><p>E' il 2005 ed esce il primo EP della band, intitolato <b>Between The Lines</b>, come il pezzo che lo apre. <i>Between The Lines</i> è senza dubbio la signature song di tutta la carriera dei Sambassadeur: è il diorama dello stile di Persson e compagni e lo sarà sempre. Ed è semplicemente una delle canzoni più stupefacenti della storia dell'indie pop. La sensazione, come dagli esordi, è che ogni pezzo della band emerga come all'improvviso, senza introduzione, da una take casalinga che forse era in corso e che i nostri hanno deciso di tagliare con l'accetta. Due chitarre acustiche a cui poco dopo se ne aggiunge una elettrica con la sua punteggiatura jangly. Un basso gentile e pulsante. Il cembalo e il battito delle mani. La voce di Anna Persson che è un sussurro di miele. I cori che sembrano coperte calde. Le liriche da cui traspare una serena consapevolezza di essere diversi dalla massa e per nulla a proprio agio in mezzo agli altri, anche se proprio in quel momento sta suonando la tua canzone preferita (<i>so i close my eyes, i'm focused on whatever's spinning in my my mind, and i try to find a sign, but i never learned to read between the lines</i>). Ecco qua: i quattro ragazzi timidi di Skövde al primo tentativo hanno già scritto la loro perfect pop song, catturandola nell'aria come un'aurora boreale, così, senza alcuna perizia tecnica (che ancora non possiedono), senza alcun abbellimento produttivo. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDiR2GRdoGjOR02pgUdNat-nfGaPoPhpMPB2vD4V8ad2LJP7tmAig14cNvIM7kM5hfo4i55mxAnuGybCZ2zosBx40xjeAGq3dA95hSOTmM79QUTUyDZEpTdgnpEHYkEAFkLleIIFBPaf3Z79M6LNmQtL5Q0aMR6RC-8sFVAGkPlYOrx3DovVT6pw/s720/127752.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="479" data-original-width="720" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDiR2GRdoGjOR02pgUdNat-nfGaPoPhpMPB2vD4V8ad2LJP7tmAig14cNvIM7kM5hfo4i55mxAnuGybCZ2zosBx40xjeAGq3dA95hSOTmM79QUTUyDZEpTdgnpEHYkEAFkLleIIFBPaf3Z79M6LNmQtL5Q0aMR6RC-8sFVAGkPlYOrx3DovVT6pw/w400-h266/127752.jpeg" width="400" /></a></div><br />I tre altri pezzi dell'EP sono il riflesso sulla superficie ghiacciata di <i>Between The Lines</i>: la già citata <i>Ice & Snow</i>, la quasi dolente <i>In The Calm</i>, dove sentiamo per la prima volta la voce di Joachim (da qui in avanti si alternerà al microfono con Anna), l'inquieta <i>Can You See Me</i>, che pare un pezzo dei Broder Daniel (il più influente gruppo indie svedese dei Novanta, per chi non li conoscesse) in cui l'elettricità sembra però intrappolata all'interno. La cosa più post punk che Läckberg e compagni abbiano mai registrato. <p></p><p>Ce n'è abbastanza per richiamare l'attenzione della critica, e parallelamente l'interesse della Labrador, che spinge per pubblicare il primo album del gruppo. Il metodo di registrazione e produzione tuttavia non cambia dagli esordi: in sostanza i Sambassadeur trasferiscono idealmente in studio (ancora a Skovde!) la loro cameretta virtuale (o viceversa!), senza fronzoli né particolari lavorazioni. E' l'anima sonora della band, e i quattro se ne sentono ancora profondamente custodi.</p><iframe allow="autoplay" frameborder="no" height="450" scrolling="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/playlists/243455760&color=%23ca4041&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true" width="100%"></iframe><div style="color: #cccccc; font-family: Interstate, "Lucida Grande", "Lucida Sans Unicode", "Lucida Sans", Garuda, Verdana, Tahoma, sans-serif; font-size: 10px; font-weight: 100; line-break: anywhere; overflow: hidden; text-overflow: ellipsis; white-space: nowrap; word-break: normal;"><a href="https://soundcloud.com/sambassadeur" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sambassadeur">Sambassadeur</a> · <a href="https://soundcloud.com/sambassadeur/sets/sambassadeur-1" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sambassadeur">Sambassadeur</a></div><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"><b>Sambassadeur</b>, il disco d'esordio, esce il 1° giugno del 2005, e contiene le canzoni già pubblicate in precedenza.</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">New Moon</i><span face="-webkit-standard, serif">, il pezzo che lo apre, è di per sé una perfetta carta d'identità dello stile peculiare della band: l'intreccio scampanellante delle chitarre, la vocalità di zucchero e neve di Anna Persson, la ritmica squadrata ed essenziale, le liriche che fanno sempre entrare una lama di luce estiva a riscaldare lunghi giorni d'inverno scandinavo (</span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">always waiting for something more to come, always waiting for the summer sun...</i><span face="-webkit-standard, serif">). Da qui in avanti l'album è un florilegio di carillon di pigra dolcezza:</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">One Last Remark</i><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><span face="-webkit-standard, serif">con il suo mandolino,</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Sense Of Sound</i><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><span face="-webkit-standard, serif">con il suo contrasto fra la scabra e spiraliforme trama dei synth e il calore cantautorale di tutto ciò che vi si deposita sopra, e poi quel cantilenante prodigio che è</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">If Rain</i><span face="-webkit-standard, serif">, con il suo incalzare folk e le sue tinnanti memorie byrdsiane. Siamo solo a metà, perché i nostri hanno in realtà lasciato i loro capolavori in fondo: l'elettricità sognante di</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Still Life Ahead</i><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><span face="-webkit-standard, serif">(i Pains prima dei Pains, ma più che altro ricordi di Jesus & Mary Chain), l'ipnotico poetico incedere circolare di</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">La Chanson De Prèvert </i><span face="-webkit-standard, serif">(una delle cover di Serge Gainsbourg più intelligenti e ispirate mai fatte), la già citata</span><span class="apple-converted-space" face="-webkit-standard, serif"> </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Between The Lines</i><span face="-webkit-standard, serif">, la commovente fragilità di </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Just Because Of You</i><span face="-webkit-standard, serif">, la parentesi indie rock del tutto inattesa di </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Whatever Season</i><span face="-webkit-standard, serif">, il sipario che si chiude su una piccola piece pop come </span><i style="font-family: -webkit-standard, serif;">Posture Of A Boy</i><span face="-webkit-standard, serif"> che sembra uscita da un disco dei Magnetic Fields. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span face="-webkit-standard, serif"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCa-xIC036F8VIBmSHXSI6ZshC04Oq_Qwblq6JhZA7r_KlNFDJh3YFZ2d-S5_NGLB71qBfiisJFci-ZqhRdyfq1_1G4hBThUao_E95RrYbgJalDC_Nu0Epq9qTylDh-JONa1COHtuXjgtRobcikYuEyJu9AE2OuNU4i60tY983Te2Jb_QUzsDwhQ/s384/khbk14zgy0u0ygu1.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="279" data-original-width="384" height="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCa-xIC036F8VIBmSHXSI6ZshC04Oq_Qwblq6JhZA7r_KlNFDJh3YFZ2d-S5_NGLB71qBfiisJFci-ZqhRdyfq1_1G4hBThUao_E95RrYbgJalDC_Nu0Epq9qTylDh-JONa1COHtuXjgtRobcikYuEyJu9AE2OuNU4i60tY983Te2Jb_QUzsDwhQ/w400-h291/khbk14zgy0u0ygu1.jpg" width="400" /></a></span></div><span face="-webkit-standard, serif"><br />Diciamocelo: pochi in giro per l'Europa si sono accorti dello scrigno prezioso e scintillante che i Sambassadeur avevano confezionato, riempiendolo di tutte le cose che avevano concepito nei primi due anni di vita della band. Qualche recensore più coraggioso - c'era anche il sottoscritto tra questi - parlò di via scandinava all'indie pop, trovando in questa programmatica complicata semplicità una strada decisamente più nuova e interessante di quella percorsa da altre band più in vista del momento. Una strada che gruppi come Belle & Sebastian e Camera Oscura hanno già ampiamente tracciato e che ora ha bisogno di ritrovare l'anima. </span><p></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Negli anni a seguire Joachim e compagni mettono in cantiere qualche tour che non si allontana di molto dalla Svezia, sfiora il Regno Unito e non si sogna nemmeno di varcare l'Atlantico. Insomma, i Sambassadeur capiscono già di essere destinati ad essere una "band locale", con qualche aggancio permesso dalla fama continentale della label per cui incidono, ma niente più, e non sarà forse un caso che tra poco intitoleranno il loro album più ambizioso European (ci arriviamo). </span></p><iframe allow="autoplay" frameborder="no" height="450" scrolling="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/playlists/923234428&color=%23ca4041&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true" width="100%"></iframe><div style="color: #cccccc; font-family: Interstate, "Lucida Grande", "Lucida Sans Unicode", "Lucida Sans", Garuda, Verdana, Tahoma, sans-serif; font-size: 10px; font-weight: 100; line-break: anywhere; overflow: hidden; text-overflow: ellipsis; white-space: nowrap; word-break: normal;"><a href="https://soundcloud.com/sambassadeur" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sambassadeur">Sambassadeur</a> · <a href="https://soundcloud.com/sambassadeur/sets/coastal-affairs" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Coastal Affairs">Coastal Affairs</a></div><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">In ogni caso i quattro non si perdono d'animo, anzi: l'entusiasmo per ciò che stanno creando è talmente palpabile che ne scaturisce immediatamente un nuovo EP, intitolato <b>Coastal Affairs</b>, che contiene almeno una canzone che diventerà un "classico" della band, quella <i>Kate</i> che è fatta letteralmente di brezza e nuvole. Ma ci sono anche una splendida trina jangly dinamica e trascinante come <i>Marie</i> e la bella cover di <i>Claudine</i> dei maestri neozelandesi The Bats. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Ma è già tempo per i nostri di tornare in studio, questa volta seguiti da un produttore di livello come Mattias Glavå, uno che ha lavorato con pezzi da novanta della scena svedese come il menestrello indie Håkan Hellstrom e i già citati Broder Daniel. Narra la leggenda che, durante le session di <b>Migration</b> - questo il titolo del secondo album, che esce il 1° gennaio 2007 - Glavå in realtà passò il tempo ad osservare la band alle prese con i suoi limiti tecnici, senza fare nulla di particolarmente incisivo. Tuttavia è indubbio che il passo in avanti (o di lato?) è davvero evidente a tutti i livelli: già l'iniziale <i>The Park</i>, che ci riporta nella cameretta dei Sambassadeur con la sua adorabile nursery rhyme, suona in realtà diversa rispetto al passato, pur mantenendo quasi inalterato lo spirito artigianale dei primi tempi. </span></p><iframe allow="autoplay" frameborder="no" height="450" scrolling="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/playlists/243613247&color=%23ca4041&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true" width="100%"></iframe><div style="color: #cccccc; font-family: Interstate, "Lucida Grande", "Lucida Sans Unicode", "Lucida Sans", Garuda, Verdana, Tahoma, sans-serif; font-size: 10px; font-weight: 100; line-break: anywhere; overflow: hidden; text-overflow: ellipsis; white-space: nowrap; word-break: normal;"><a href="https://soundcloud.com/sambassadeur" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sambassadeur">Sambassadeur</a> · <a href="https://soundcloud.com/sambassadeur/sets/migration-5" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Migration">Migration</a></div><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"><i>Subtle Changes</i> si intitola in effetti la seconda traccia, ma non è proprio una cambio sottile quello a cui assistiamo: la voce di Anna è più rotonda e gli archi che irrompono allegri fin dal principio spalancano la porta ad un arrangiamento che strizza l'occhio per davvero agli ABBA e nel finale si permette persino l'incursione di un sassofono, pur restando prudentemente nella zona di confort consueta alla band. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span face="-webkit-standard, serif"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimmcgqu6Qrh0m7fl9pa8G4u64xYMEOmi8WOC2Ai82slEwRq1II4oowvJffHQTqTr81VTpaAgGFugbLEvo4bCIvt8PDZLUNqFR3CfY01uQzDcY6NnWwvBs_bsejloX02rzGrOrLGVXzHYY8236rDrJSuw5AqWxYOfKFe1jABrW4zCF5RWAgxVkGQw/s728/sambassadeur-wall-windows-girl-wallpaper-preview.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="410" data-original-width="728" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimmcgqu6Qrh0m7fl9pa8G4u64xYMEOmi8WOC2Ai82slEwRq1II4oowvJffHQTqTr81VTpaAgGFugbLEvo4bCIvt8PDZLUNqFR3CfY01uQzDcY6NnWwvBs_bsejloX02rzGrOrLGVXzHYY8236rDrJSuw5AqWxYOfKFe1jABrW4zCF5RWAgxVkGQw/w400-h225/sambassadeur-wall-windows-girl-wallpaper-preview.jpg" width="400" /></a></span></div><span face="-webkit-standard, serif"><br />Ecco, <i>Subtle Changes</i> inaugura ufficialmente il "secondo periodo Sambassadeur", dove il primo è quello intimo, lo-fi, a suo modo magico e quasi improvvisato e questo invece promette una dimensione che insegue gli stilemi del pop scandinavo che tutti riconoscono non per imitarlo, ma per assorbirlo, per farlo proprio. E', da questo momento in poi, l'ambizione mai nascosta di Anna Persson e soci. </span><p></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Prendiamo un pezzo come <i>That Town</i>: quello che sarebbe stato timido e crepuscolare nel primo periodo (perché il cuore è assolutamente lo stesso), ora è articolato e in piena luce, ed è palese la preoccupazione della band di riempire ogni possibile vuoto con qualche intuizione produttiva. Non che ci sia un vero horror vacui - lo testimonia la bella cover di Dennis Wilson <i>Falling In Love</i>, che inverte i fattori rispetto all'originale - ma traspare senz'altro l'idea determinata di spingere sul pedale melodico e non di nascondersi dietro i delicati merletti autunnali di Sambassadeur. Sentite cosa canta Anna nella deliziosa <i>Migration</i> (a proposito, la sua diventerà ormai la voce quasi esclusiva del gruppo...): <i>exploring areas all wandering will be enough for you, your mind is filled with all the smallest things, you've got an eye for details too, ... know you've been running, but i've been runnig too, the only difference is you don't mind the waiting, i do</i>. Al di fuori della metafora è una bella riflessione sul percorso del gruppo: siamo andati forse troppo veloci? D'ora in avanti i Sambassadeur, per loro stessa ammissione, preferiranno l'attesa e scriveranno due o tre pezzi all'anno! </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">La critica non ha amato particolarmente Migration, specialmente se confrontato con il precedente: troppe cose attorno, insomma, e poco importa se la sorridente raffinatezza di una <i>Final Say </i>con le sue citazioni dei New Order è a suo modo geniale. O se l'ampio strumentale <i>Calvi</i> riesce dipingere su una tela impressionista un paesaggio marino di impareggiabile bellezza, ed è un'altra prova incontrovertibile della capacità della band di usare i propri strumenti in modo intelligente e sempre equilibratissimo.</span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">A questo punto Anna, Joachim e i due Daniel decidono di "godersi l'attesa", come dicevamo sopra. Non smettono di scrivere, ma lo fanno con una lentezza risoluta e programmatica. L'intenzione non è quella di ritornare alla celebrata purezza degli esordi, ma di insistere sulla via imboccata con Migration, e anzi lavorare per rendere il suono della band ancora più pieno, elegante, corrusco e quasi barocco. Non c'è alcuna novità nei modelli di riferimento, che in sostanza collegano con un ponte ideale i '60 della California e dei girl groups e gli '80 della Sarah Records e della Creation: è il carburante dei Sambassadeur da sempre. Ma ritornati in studio con il solito Mattias Glavå dietro il vetro, i nostri decidono stavolta che il passo deve essere per davvero mosso in avanti, e con decisione. Dopo un lungo iato silenzioso, i quattro arrivano infatti già con delle idee di arrangiamento che si possono tranquillamente dire orchestrali, un po' Phil Spector e molto Bacharach. </span></p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1552631505/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://sambassadeur.bandcamp.com/album/european">European by Sambassadeur</a></iframe><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Nasce così <b>European</b>, terzo album della band, il suo più completo e ambizioso, probabilmente il suo più bello se lo teniamo in mano tutto insieme (non ci sono le canzoni leggendarie del primo, intendo: va ascoltato un po' come un concept) e se lo consideriamo oggi in modo retrospettivo. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"><i>Stranded</i>, il pezzo che apre, è veramente la cartina di tornasole di tutto il disco e non a caso sta lì per farci capire cosa hanno combinato Anna e gli altri negli ultimi tre anni. La melodia che sta in mezzo è la consueta caramella colorata à la Sambassadeur che ti implora di essere scartata. Ma la confezione è tutta nuova, sgargiante, magniloquente: la scenografica introduzione di pianoforte, la batteria quasi ipertrofica, gli inserti strumentali che mettono zucchero filato ovunque, il midtempo che sembra così eccitato da non riuscire a contenere l'entusiasmo, la dimensione che sfiora i cinque minuti nella sua studiatissima circolarità. E' l'idea dei quattro svedesi di "timeless pop": una macchina melodica che va a tutta come i motori del battello ritratto nella splendida copertina e che sembra aver lasciato decisamente indietro l'eterea introversione dei tempi di Skövde e delle registrazioni casalinghe. Lo studio offre potenzialità, la Labrador evidentemente ha concesso un buon budget, e i Sambassadeur si giocano la loro carta surfando sulla cresta d'onda della loro carriera, nel momento in cui si sentono davvero più ispirati. Vada come vada.</span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span face="-webkit-standard, serif"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXpkFyez0-HQqLCrnw1qM41sjF7w6nVixUF7Yq2crpnAXyD-fbvkpgvB7qIAiNrBxgc0xQuqFvDmk4NOslFL1Vfoi1VjP79dd3I08VQmIHXEncF7A0LZciCfuODI2LvIPP9MrJ1CetryCsmCuLQd1tnpIMyTRdRwppMiq83Lfo9v4T8MQMxFFIHw/s465/4497833e1f49485ca16aff02aa607aec.jpg-2.webp" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="313" data-original-width="465" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXpkFyez0-HQqLCrnw1qM41sjF7w6nVixUF7Yq2crpnAXyD-fbvkpgvB7qIAiNrBxgc0xQuqFvDmk4NOslFL1Vfoi1VjP79dd3I08VQmIHXEncF7A0LZciCfuODI2LvIPP9MrJ1CetryCsmCuLQd1tnpIMyTRdRwppMiq83Lfo9v4T8MQMxFFIHw/w400-h269/4497833e1f49485ca16aff02aa607aec.jpg-2.webp" width="400" /></a></span></div><span face="-webkit-standard, serif"><br />Tutta l'infilata iniziale di European è una corsa a perdifiato dentro un paesaggio sonoro floreale e spumeggiante: <i>Days</i> (ma quanto è bella l'orchestrazione archi e pianoforte che incolla le sue due parti!), <i>I Can Try</i> (una delle cose più catchy e leggere che i nostri abbiano mai scritto, dentro un'architettura quasi barocca), <i>Forward Is All </i>(una delizia acustica che insegue Nick Drake nelle spirali dei suoi archi), e poi quella meraviglia di racconto di formazione che è <i>Albatross</i>, che poi è la summa di tutta la poetica dei Sambassadeur concentrata in tre minuti di viaggio in mezzo a morbide onde di archi (<i>I was happier alone, cut my hair just like a boy, now I do stay away from trouble and dealings, I leave it just to be what it is, just a memory... </i>confessa Anna<i> </i>con la sua impassibile serenità: il tempo è passato e noi non siamo più gli stessi, non resta che l'abbraccio dei ricordi...). Qui le chitarre scompaiono e lasciano che sia la sezione ritmica a soffiare delicatamente nelle vele: è una scelta "strana" per una band dal cuore jangly, ma gli orizzonti sono ora talmente ampi che si perdono in lontananza. </span><p></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">La metafora del viaggio pervade l'intero album, e quando la Persson canta <i>once more we'll take the risk to fall</i> nella successiva intima <i>High and Low </i>sembra quasi esplicitare la consapevolezza che i Sambassadeur si pongono una metà davvero distante da quelle a cui sono abituati: una concezione di pop che sappia essere una catarsi di ogni fragilità, imbastendo tanti fili in una trama variopinta e vistosa, ma al contempo sottile e quasi impalpabile. L'infinita fanfara spectoriana di <i>Sandy Dunes </i>vista da questa prospettiva rivela tutto il senso dell'operazione che i quattro svedesi hanno messo in piedi: una luminosa celebrazione della malinconia (<i>a year is passed without a trace, without a sound</i>), una festa pop in cui tutti i timidi possono finalmente trovare il coraggio di ballare (<i>can't stop us now, you see we've only just begun, an everlasting sound, that's what it's all about</i>). E' il climax dell'album, che poco dopo si scioglie nelle liriche vagamente misteriose di <i>Small Parade</i>: la fanfara in effetti è passata, e resta una inspiegabile inquietudine in una notte quieta (<i>they're resting tonight, all right, a bit too different in sight</i>) mentre la band torna a spogliarsi di tutti i vestiti indossati nel resto del disco. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Per i Sambassadeur - i ritrosi gentili quattro ragazzi di Skovde - European è stata una faticaccia, costata anni di lavoro certosino e un enorme coraggio nel perseverare lungo un tragitto che non era precisamente quello che i fan della prima ora desideravano da loro. Doveva essere l'album della consacrazione ma non lo è stato. Difficile trovare in giro una critica negativa di un disco oggettivamente così bello, ma in realtà non è stato capito fino in fondo, cosa che deve avere fatto abbastanza male ai nostri, anche se sono troppo riservati ed educati per confessarlo.</span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Da qui in avanti i Sambassadeur rallenteranno così tanto la loro produzione che per arrivare al quarto album bisognerà aspettare sette anni, quando ormai molti si erano persino dimenticati di loro. Lo intitoleranno (auto)ironicamente <b>Survival</b>, e sarà in buona parte un ritorno alle radici jangle e folk degli esordi (<i>Foot Of Afrikka</i>, il pezzo che apre il disco, è una perla), con qualche synth di troppo e un'aria generale non del tutto convinta. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Dal 2019 ad oggi non ho idea se Anna, Joachim e i due Daniel siano ancora al lavoro, restando fedeli alla loro media programmatica di uno o due pezzi all'anno, oppure stiano dedicando le loro vite ad altre cose. </span></p><p style="margin-left: 0cm; margin-right: 0cm;"><span face="-webkit-standard, serif">Quel che è certo è che i Sambassadeur, nella storia dell'indie pop, sono stati precisamente quello che si definisce una "hidden gem", il tesoro nascosto ai più, un piccolo prodigio destinato - un po' per volontà della sorte, un po' per volontà loro - a diventare un oggetto di culto per un numero ridotto di appassionati. E chissà in fondo se i quattro studenti di Skövde se lo sarebbero aspettati, di divenire i portabandiera di un genere in fondo tutto loro e difficilmente etichettatile, e soprattutto gli alfieri pop dei timidi di tutto il mondo. </span></p> Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-71548513904825058952024-03-08T19:00:00.001+01:002024-03-08T19:00:31.884+01:00Hanemoon - Rain Or Shine ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZ9HBn7PYcdzR41gER0oRyyELTclp-sGHO9WZKiKcTm-0gi-UjV-8dz8DCuhevrcxcQnv3wYhwGsits8PkmUIVXbYthDKsRkreJofjRkHatCHC7O1dhGe_ZRB-6KaeHxyq2fj1ETFBGRSM0u9cU_-UXO-M2hHijEZLtn_21JVJjU8Q8QEkTGVIaA/s555/0022423047_10.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="555" data-original-width="501" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZ9HBn7PYcdzR41gER0oRyyELTclp-sGHO9WZKiKcTm-0gi-UjV-8dz8DCuhevrcxcQnv3wYhwGsits8PkmUIVXbYthDKsRkreJofjRkHatCHC7O1dhGe_ZRB-6KaeHxyq2fj1ETFBGRSM0u9cU_-UXO-M2hHijEZLtn_21JVJjU8Q8QEkTGVIaA/s320/0022423047_10.jpg" width="289" /></a></div>C'era una volta, in Germania, una band chiamata Seaside Stars. Che poi in realtà era un duo, visto che i titolari erano Hans Forster e Andy Schuwirth. I Seaside Stars non soltanto suonavano jangly pop: erano jangly pop, nella sua accezione più rotondamente perfetta, orecchiabile, sorridente, luminosa. Fecero un paio di album, proprio all'inizio degli anni '00, quando se dicevi jangle ti venivano in automatico in mente i Teenage Fanclub, che allora erano all'apice della loro carriera ed avevano trovato la pietra filosofale indie pop mescolando Scozia e California. <p></p><p>Dopo quasi due decadi è sempre un piacere ritrovare una delle due metà dei Seaside Stars, il berlinese Hans Forster, alle prese con la sua nuova band Hanemoon, che con questo Rain Or Shine è arrivata, se non conto male, al terzo album. </p><p>Diciamolo subito per chiarezza: l'anima jangly, leggera e gentile, amabilmente twee di vent'anni fa è rimasta vivissima e immutata nella musica di Forster.</p><p>Ascoltate <i>My Circle Line</i>, il pezzo che apre il disco, e avrete la percezione che l'orologio scorra delicatamente all'indietro, mettendosi a bottega dei Teenage - che è il modello più evidente - ma con lo spirito libero di un Glenn Donaldson, per parlare di un pezzo grossi del genere, con l'entusiasmo dei The Boys Of Perpetual Nervousness, per citare degli altri maestri del genere, e persino con un'orecchio puntato alle cose più catchy di Elliott Smith. Nell'album troverete dodici canzoni di timida ma risoluta bellezza, dinamicamente midtempo e sempre in bilico verso una dimensione cantautorale. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2097585782/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://jigsawrecords.bandcamp.com/album/pzl204-hanemoon-rain-or-shine">PZL204: Hanemoon - Rain Or Shine by Hanemoon</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-64394486032675350822024-03-01T14:00:00.001+01:002024-03-01T14:00:00.242+01:00TTSSFU - Me, Jed and Andy ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1bqhRUHITE-z9iWY9BX5I8sNocimZ9WICD1egeoqp-pxBduVv6hZ1ZJjcL3r-VVfveQHLuMivc44DtnXBbLhLfdWjx7dw9IZq7gGp5adWKKn-W2ryxANLhXnIXuvsTw4ra2fTrYht6Qw3mhzTI4QorPT5oP54-no27qOy9dsnUFTAhfPeoE827A/s1598/Screenshot%202024-03-01%20alle%2010.03.44.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1598" data-original-width="1136" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1bqhRUHITE-z9iWY9BX5I8sNocimZ9WICD1egeoqp-pxBduVv6hZ1ZJjcL3r-VVfveQHLuMivc44DtnXBbLhLfdWjx7dw9IZq7gGp5adWKKn-W2ryxANLhXnIXuvsTw4ra2fTrYht6Qw3mhzTI4QorPT5oP54-no27qOy9dsnUFTAhfPeoE827A/w284-h400/Screenshot%202024-03-01%20alle%2010.03.44.png" width="284" /></a></div>E' già da qualche tempo che Tasmin Stephens ha iniziato a pubblicare singoli, raccolte di demo ed ep usando il moniker TTSSFU, alternando la sua attività solista a quella di chitarrista nei Duvet. Andando a ritroso nella sua produzione precedente, è evidente l'amore viscerale di Tasmin per il post punk più seminale, quello dei primi anni '80 per intenderci, mettendo in comunicazione le atmosfere tese dei Joy Division, quelle goth dei Cure e la sfumata eleganza dei Cocteau Twins, unendole a stilemi invece più caratteristici dello shoegaze /dream pop di inizio '90. <div>L'ep intitolato The Body del 2022 ne metteva già in luce - una luce algida e baluginante, intendiamoci - il talento notevole, in una dimensione che era ancora decisamente sperimentale e poco immediata. Con singolo <i><a href="https://ttssfu.bandcamp.com/track/at-all" target="_blank">At All</a></i>, uscito sullo scorcio dello stesso anno, Tasmin mostrava un'apertura diversa, più ariosa e maggiormente nelle corde del pop obliquo e squadrato di Jesus & Mary Chain, proseguita più o meno con i pezzi pubblicati da quel momento in avanti (lo splendido e atmosferico <i><a href="https://ttssfu.bandcamp.com/album/yeah-yeah-i-do" target="_blank">Yeah Yeah I Do</a></i> ad esempio).<p></p><p>Me, Jed and Andy, primo mini album di TTSSFU, è assolutamente la prova della maturità per Tasmin, ed ha in più l'ambizione di sviluppare un concept attorno alla relazione fra Andy Warhol e Jed Johnson, il designer che visse con l'inventore della pop art negli ultimi suoi anni (Andy e Jed campeggiano nella bella copertina insieme a Tasmin). </p><p>L'idea di post punk di notturna morbidezza cui ci ha ultimamente abituato la musicista mancuniana arriva alla sua pienezza nei sette pezzi del disco, partendo dai toni più oscuri di <i>I Hope You Die</i> e <i>Jed</i> e trovando a poco a poco una sua perfetta essenziale dinamica dream pop con la delicata e sfrigolante <i>Baggage</i>, con la solennità ipnotica alla New Order di <i>Character</i>, con la soffusa eterea raffinatezza di <i>Asexual</i>, e soprattutto con la forza avvolgente di <i>Wait It Out</i> e la sua trina di chitarre. In chiusura, la sontuosa <i>Studio 54</i>, che evoca davvero il fantasma di Warhol in una dimensione parallela dove voci e strumenti si fondono in una sognante onda sonora.</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3166066506/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://ttssfu.bandcamp.com/album/me-jed-and-andy">Me, Jed and Andy by TTSSFU</a></iframe></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-29521619320476417632024-02-23T14:00:00.004+01:002024-02-23T14:00:00.253+01:00The BV's - Taking Pictures Of Taking Pictures ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMEfE4wiQd-TRkkcR9eh9uRHW78dOSU8JReO4wCCxKt4p7C0w9s8ZCmCx3Vc6APLp_O2UhhhudE7iqve-yK1DXv3XS_bLcl9CsqUd5NBiLleRT8-MD_qrROy5ApClMqM4UG5UZ9psdtR4A_Klb12sV5FjOAoW1lRMnn7ueZl6gLf7oHxnPgHGmZg/s1686/Screenshot%202024-02-22%20alle%2016.16.29.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1262" data-original-width="1686" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMEfE4wiQd-TRkkcR9eh9uRHW78dOSU8JReO4wCCxKt4p7C0w9s8ZCmCx3Vc6APLp_O2UhhhudE7iqve-yK1DXv3XS_bLcl9CsqUd5NBiLleRT8-MD_qrROy5ApClMqM4UG5UZ9psdtR4A_Klb12sV5FjOAoW1lRMnn7ueZl6gLf7oHxnPgHGmZg/w400-h300/Screenshot%202024-02-22%20alle%2016.16.29.png" width="400" /></a></div>Sono passati ben cinque anni da quando usciva <a href="https://www.justanotherpopsong.com/2019/03/the-bvs-cartography-album.html" target="_blank">Cartography</a>, il secondo album dei The BV's, e sette anni dal loro notevolissimo esordio <a href="https://www.justanotherpopsong.com/2017/05/the-bvs-speaking-from-distance-album.html" target="_blank">Speaking From A Distance</a>. Per molto tempo Josh Turner e Frederik Jehle, i due motori della band, hanno in realtà lavorato a distanza, tra la Cornovaglia e la Germania, e nonostante ciò il fatto che non convivessero nella stessa città ha prodotto un'unità d'intenti artistici perfettamente definita.<p></p><p>Dal 2022 Josh ha infine raggiunto Frederik ad Augsburg, e finalmente i BV's condividono anche lo stesso cielo, oltre al loro amore sconfinato per il post punk, il C86, la Sarah Records, la Flying Nun e tutto quel meraviglioso mondo dell'indie pop originario. </p><p>Taking Pictures Of Taking Pictures (titolo concettuale, copertina che cita Unknown Pleasures smussandone gli angoli) è - lo dichiariamo subito - non solo il loro disco più maturo, ma un piccolo capolavoro di genere destinato a imprimere senza dubbio il nome del duo anglo-tedesco nel novero degli album migliori dell'anno appena iniziato.</p><p>Abbiamo spesso parlato dei BV's come di un gruppo nostalgico o addirittura filologico nell'affrontare i modelli degli '80 e '90 che hanno sempre evidentemente nel mirino. Tuttavia, davanti all'eclettico splendore di queste nuove dieci canzoni, sarebbe davvero un insulto per Josh e Fred insistere su questo punto e non sottolineare invece la loro straordinaria capacità di far vibrare di vita il loro guitar pop, pure in una essenziale e programmatica economia di mezzi.</p><p><i>Clipping</i>, il pezzo che apre l'album, è già pura perfezione jangly in tre minuti canonici, una perla di radiosa semplicità che va a raccogliere le cose più zuccherose dei Bats e dei Pains Of Being Pure At Heart e le fonde nella stessa caramella. </p><p>Con <i>I Can't Stand The Rain</i> siamo in una uggiosa domenica mattina d'inverno, ma tutto è illuminato da una chitarra scampanellante e da una melodia circolare che ricorda l'algida delicatezza dei Field Mice. </p><p>L'omaggio ai Cure di <i>Warp</i> è talmente evidente nel carillon delle chitarre, che ti aspetti veramente che parta <i>Pictures Of You</i> (sospetto una tangenza con la tematica fotografica di tutto l'album), e invece è proprio uno di quei pezzi tipici dei The BV's, eterei nella loro luce di alba un po' scandinava (non so perché ma mi ha evocato subito gli Acid House Kings). Che meraviglia! </p><p><i>Anything</i>, con le sue liriche in tedesco, la voce notturna, il synth che tutto avvolge, il suo lento ma inesorabile crescendo ipnotico che si fa denso e mesmerico, va ad utilizzare in modo intelligente e delicatissimo le ascendenze krautrock che da sempre la band infila qua e là, e riesce a metterle magicamente in risonanza tanto con lo shoegaze umanistico degli Slowdive, quanto con l'indie pop di miele dei Blueboy. Brividi dall'inizio alla fine! </p><p>Brividi che continuano poi nel lungo strumentale <i>Kleber, </i>che segue senza soluzione di continuità. </p><p><i>Taking Pictures Of Taking Pictures</i>, cuore dell'intero album, sboccia come un fiore primaverile da un prato di trame jangly, soffice e fragile nella sua dimensione di ballata d'amore a lume di candela (<i>all of my life i have wanted to be close to you</i> ripetono le liriche in modo ossessivo) . Poi a metà sorpresa: il giro cambia e si apre in un ritornello cantilenante e straniante. </p><p><i>Sundays</i> ha la grazia sorniona dei Go-Betweens: quella stessa aria un po' obliqua e insieme terribilmente leggera e catchy. E' il momento più rilassato del disco. Siamo dalle parti dei migliori Allo Darlin', specialmente nella lunga scintillante coda di cometa finale. </p><p><i>Breakdown</i> è un saggio di post punk in purezza, spruzzato di ironia (<i>I had a brekdown in a autobahn, I had a breakdown in the service area, I had a breakdown in Bavaria</i>...), incalzante e piacevolmente dissonante. </p><p><i>Blue / Golden Sunshine</i> attraversa un paesaggio dream pop indorato da una luce crepuscolare che potrebbe essere la stessa delle canzoni di Hazel English. E ti coccola cullandoti in un caldo abbraccio jangly e indicando il cielo blu, che è lì, proprio sopra di te mentre stai ascoltando. </p><p>D../ infine ci lascia liberi di vagare in un territorio che è di nuovo psichedelico, così come sembrano liberi la chitarra, il basso, il synth e la batteria di dialogare e trovare l'armonia poco alla volta, in una session che evoca lo spirito guida dei Joy Division. </p><p>Questi tutti gli episodi dell'album, che è in definitiva un tripudio di equilibrio, di idee grandi e piccole ma sempre brillanti, di immersioni ed emersioni, di luci baluginanti e ombre, di eccezionale immediatezza dove non te la aspettavi e di sapiente sperimentazione, di pulizia formale immacolata. In poche parole, un album di sfavillante bellezza. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=279971388/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://thebvs.bandcamp.com/album/taking-pictures-of-taking-pictures">taking pictures of taking pictures by the bv's</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-64121157820565208302024-02-17T19:44:00.001+01:002024-02-17T19:44:27.047+01:00PIETRE MILIARI: The Pains Of Being Pure At Heart - The Pains Of Being Pure At Heart [2009]<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZe85JARqQw0Ra1-_ykSy0k4nSleD912F6FtBo-hBSLKNaQ-Drvq3pMRYZQPp5C1U9aUgmTcWvONYQBrozRmzst6nKdRXcItQuDO6AfiocRmYKqNgCTR2iN-MzebKyfGojQAFdX-7_JXA_5G22bWbyQAVhuaeTYu6SNbIUCQjRkN4IpZPGtLDA_Q/s750/bf20bdc05ced4b588a8df8de458f9254.jpg.webp" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="750" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZe85JARqQw0Ra1-_ykSy0k4nSleD912F6FtBo-hBSLKNaQ-Drvq3pMRYZQPp5C1U9aUgmTcWvONYQBrozRmzst6nKdRXcItQuDO6AfiocRmYKqNgCTR2iN-MzebKyfGojQAFdX-7_JXA_5G22bWbyQAVhuaeTYu6SNbIUCQjRkN4IpZPGtLDA_Q/w400-h266/bf20bdc05ced4b588a8df8de458f9254.jpg.webp" width="400" /></a></div>Brooklyn. E' il 2007. Kip Berman è da poco approdato a New York ed è assolutamente il tipo del "giovane, carino e disoccupato" che si aggira nel folto sottobosco indie alla ricerca forse più di amici che di ispirazione. Ha ventisei anni, forse sa suonare un po' la chitarra elettrica, ma "a modo suo" - come dice lui - e sicuramente non ha idea che scrivere canzoni e suonare davanti a un pubblico diventerà presto il suo mestiere. <p></p><p>Kip è un tipo sveglio e ha girato un po' di America prima di allora: il Wisconsin da bambino, poi Philadelphia da adolescente e infine Portland, Oregon negli anni di università, passati tra le aule blasonate del Reed College e i locali dove si agitava la vivace scena indie rock locale, quella che aveva laureato come star internazionali i Dandy Warhols, ma aveva anche visto nascere e morire (in un incidente d'auto) dopo un solo disco trionfale gli Exploding Hearts e aveva coccolato - giusto in quegli anni - gli inizi di una band eccezionale e sottovalutata come The Thermals. Una volta preso il diploma, Berman in effetti aveva scelto di non lasciare la West Coast e, mentre lavorava per un call center, si era dato pigramente da fare per fondare un paio di band più che amatoriali, che erano puntualmente implose prima che qualcuno si accorgesse della loro esistenza. E' a Portland che i suoi gusti si sono affinati, nutrendo una passione sconfinata per tutto il mondo indie dei due decenni precedenti, in un'era in cui le label indipendenti, di qua e di là dall'Atlantico, sfornavano band nuove una dietro l'altra, i negozi di dischi erano un luogo di ritrovo per tutti i nerd malati di rock e chitarre, e i magazine musicali facevano a gara a scovare i "nuovi Sonic Youth", i "nuovi Pavement", e così via. </p><p>Quando Kip decide infine di licenziarsi dal suo poco entusiasmante impiego e cercare fortuna a Est, non è proprio un ragazzino, ma un po' lo sembra (lo sembrerà sempre con il suo viso efebico) e si porta dietro un misto di passioni e di curiosità che diventeranno lì a poco il carburante per le sue canzoni. Fare amicizia per un indie nerd come lui non è in fondo così difficile: basta frequentare i luoghi giusti, dove la musica si vende e dove la musica si suona. A Brooklyn non c'è una band che non trovi una venue, piccola grande che sia: si può letteralmente tastare il polso della musica rock della contemporaneità, ci si imbatte nelle mode prima che vengano lanciate, un po' si sperimenta e molto si vive di nostalgie post punk e il twee è uno stile di vita da esibire, roba da intellettuali che sembrano sfigati, o da sfigati che sembrano intellettuali. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9VEz5rlx1sKTxOgzuhJ8gDNJ77Ocz2sqXO-_X0DEHj6ZxvT5VJwfCP8ACBNyprndaZobmVKN1l4VSadzEk7B5goigNQHrGm0SdLKRX8zkgQwJicZeR-ktrgvn6kERkGS5eAXi8zWO5ush3ZeCI7P-SaqfN-s8ZCmWcSjXjBzqyy6yShbGbTxzFw/s508/1363.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9VEz5rlx1sKTxOgzuhJ8gDNJ77Ocz2sqXO-_X0DEHj6ZxvT5VJwfCP8ACBNyprndaZobmVKN1l4VSadzEk7B5goigNQHrGm0SdLKRX8zkgQwJicZeR-ktrgvn6kERkGS5eAXi8zWO5ush3ZeCI7P-SaqfN-s8ZCmWcSjXjBzqyy6yShbGbTxzFw/s320/1363.jpg" width="315" /></a></div>In questa temperie fervente e stimolante, Kip conosce per caso Alex Naidus, che è originario del New Jersey e sbarca il lunario facendo il redattore per un sito che si chiama eMusic e soprattutto ha i suoi stessi gusti musicali: gli Smashing Pumpkins di Siamese Dream, le cose più accessibili dei Sonic Youth, il twee punk dolceamaro dei Black Tambourine, i Vaselines scoperti (come tutti) grazie alla celebre cover acustica dei Nirvana, e poi tutta la discografia della K Records e un mucchio disparato di band nuove, come i Titus Andronicus e soprattutto gli inglesi The Manhattan Love Suicides (che, in definitiva, sono probabilmente la band a cui i Pains hanno cercato di assomigliare di più nei loro primi vagiti). <p></p><p>In breve Berman e Naidus imbracciano rispettivamente chitarra elettrica e basso e buttano lì l'idea di mettere insieme una band. Siccome nello stesso torno di mesi i due hanno iniziato a frequentare anche una ragazza che si chiama Peggy Wang, che lavora per una promettente (!!!) start-up appena aperta che si chiama BuzzFeeed, suona le tastiere, ha qualche sparuta esperienza in gruppi da high school e pure ha una cotta per i Manhattan Love Suicides, i due la coinvolgono nel loro progetto e cominciano a provare qualche pezzo (alcune cover degli artisti sopra citati, qualche abbozzo di canzoni che poi diventeranno dei classici dei Pains). Niente batteria per il momento, ci si arrangia con un Sony Discman preso a prestito dalla mamma di Kip, con un un cd-r che contiene alcune basi ritmiche che ha registrato (e sarà per questo che il tempo dei primissimi pezzi è casualmente sempre il medesimo). Naidus suona con l'efficace essenzialità di cui è capace. Berman gratta i suoi accordi in maggiore e li fa sfrigolare mentre canta con voce ancora timida. Wang fa i cori e alterna la sua voce a quella di Kip ,un po' nello stile canonico degli Heavenly, ma è ancora più timida di lui. Insomma, cercano di essere pop e rumorosi al tempo stesso, che è - riassunta in poche parole - la summa di quello che diventerà la signature sonora del gruppo. Gruppo a cui - siamo ancora nel 2007 - manca giusto un nome. Mancanza a cui sopperisce Berman ricordandosi del chilometrico e suggestivo titolo di un racconto scritto da un suo compagno college, The Pains Of Beeing Pure At Heart appunto.</p><p>La nascita ufficiale della band coincide con la sua prima esibizione live, in un vecchio magazzino abbandonato dove si tiene la festa di compleanno di Peggy: giusto un pugno di canzoni, tra le quali gli embrioni di<i> Contender</i>, <i>This Love Is Fucking Right!</i> e <i>Doing All The Things That Would'nt Make Your Parents Proud</i> (è noto che Berman ha dichiarato più volte che i titoli erano più lunghi dei pezzi stessi). Canzoni pop e rumorose, appunto, accompagnate da una batteria campionata. </p><p>Non sappiamo di preciso come i Pains vennero accolti da un pubblico composto prevalentemente da amici, tuttavia di lì a poco la neonata band comincerà a rimpinguare il repertorio e suonare in giro, imbarcandosi in un improbabile tour in club minuscoli a bordo della malandata Toyota Camry del padre di Alex, seguito da alcune date in UK dove Kip e compagni dormivano - se andava bene - dentro una vasca da bagno. Non per niente sul sito Myspace della band (c'era Myspace, all'epoca) i Nostri avevano orgogliosamente scritto "vogliamo essere la rock band più importante del mondo per 18 persone". Il che corrispondeva in effetti al numero medio di spettatori presenti ai loro concerti. Un numero direttamente proporzionale alle ridotte abilità tecniche dei tre, nascoste in genere dietro al muro sfrigolante degli strumenti. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-lNbou8EtHToyGn-nNt9GV4Hg7bQQfEUlumfmXAbO_kePMZGhDaxpCdt-9lV2gHv8SdMdSDVPnXQBugmPV5h4_2rHQ1LAEv4zVDQU6ClpDTu4DfHm1FPUdHrnXJECx4wRnd6pLOlOzl9npaA56GyvX-S4o959INmZtLOZJNKwhWOHT_ZUKJsqmw/s1000/pains-5d0b20bf53bab56d8d4aa2b6012acd7fb48e6c96-s1100-c50.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="750" data-original-width="1000" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-lNbou8EtHToyGn-nNt9GV4Hg7bQQfEUlumfmXAbO_kePMZGhDaxpCdt-9lV2gHv8SdMdSDVPnXQBugmPV5h4_2rHQ1LAEv4zVDQU6ClpDTu4DfHm1FPUdHrnXJECx4wRnd6pLOlOzl9npaA56GyvX-S4o959INmZtLOZJNKwhWOHT_ZUKJsqmw/w400-h300/pains-5d0b20bf53bab56d8d4aa2b6012acd7fb48e6c96-s1100-c50.jpg" width="400" /></a></div>Molti avrebbero mollato lì, con ogni probabilità. E invece i tre Pains decidono di cercarsi un vero batterista. Lo trovano letteralmente "in casa": è Kurt Feldman, all'epoca coinquilino di Berman e - a differenza degli altri - davvero in grado di maneggiare il proprio strumento. Il che risulta particolarmente utile quando i Nostri riescono a registrare cinque pezzi e a pubblicarli in un EP sostanzialmente autoprodotto che porta il nome della band e conta pure una canzone che si chiama <i>The Pains Of Being Pure At Heart, </i>in cui Kip e Peggy ripetono ossessivamente nella strofa <i>we will never die, no no we will never die</i>, quasi a esorcizzare ironicamente un pensiero che al gruppo deve essere venuto per forza, cioè quello di lasciar perdere e tornare a fare dei lavori veri. <div>L'EP è il biglietto da visita, un po' sgualcito ma terribilmente vivo, di una band che in verità a quello che fa ci crede in modo entusiastico. D'altra parte cosa si può dire davanti a un potenziale banger come <i>This Love Is Fucking Right!</i>, che apre l'ep con le sue chitarre che spumeggiano come una fresca bevanda zuccherosa da una lattina appena agitata, ed un ritornello che ha l'ardire di citare niente meno che un verso di Bob Dylan (<i>you don't have to tell me twice, it's all right</i>). Ci sono già tutti i Pains, dentro la lattina: il loro essere ruvidi e gentili al tempo stesso, la consapevolezza che ogni perfect pop song non ha bisogno di più di tre accordi, il frullatore di memorie musicali più o meno vicine che miscelano The Pastels, Teenage Fanclub, Jesus & Mary Chain, Field Mice, i primissimi Primal Scream... come palline di gelato in un milkshake. Senza fronzoli. A loro modo perfetti già così, nell'imperfezione di una produzione che bada necessariamente al sodo. <p></p><p>Pochi in verità si accorgono dei Pains fuori dal microcosmo indie di New York, e infatti nel 2008 la band più che altro suona nei locali che aveva frequentato agli albori, gli stessi per altro in cui Kip, Alex e Peggy si erano conosciuti. Troppo poco per sperare in un futuro nella musica e per pagare l'affitto senza avere un lavoro (infatti solo Kip si dedica interamente alla band) proprio mentre sta scoppiando la più grande crisi economica dal 1929. Poi, un giorno, Berman scrive una mail, come spesso fa da buon appassionato collezionista, a Mike Schulman della Slumberland Records, per ordinare la ristampa di un 10" dei Black Tambourine, e <i>en passant </i>accenna al fatto che ha un gruppo ed eventualmente pure della musica da fargli ascoltare. Schulman si incuriosisce e poco dopo invita i Pains ad aprire per uno dei suoi gruppi, The Lodger, nella data di Brooklyn, a cui lui stesso sarà presente. </p><p>E' il passo decisivo - più casuale che realmente cercato - per firmare con una label storica come la Slumberland, cosa che avviene quasi immediatamente e che stupisce non poco i Nostri. Le registrazioni avvengono agli Honeyland Studios di Brooklyn, senza un vero e proprio produttore (dietro al vetro come ingegnere c'è Archie Moore) e, i Nostri cercano di rispettare il più possibile l'identità sonora delle origini: pulizia quanto basta, energia in abbondanza e scabra semplicità. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2v300t-ZqlrzbKVFC7uk6S8j9ntmvdc_OPVDH2OWjFmLcDIWVFvZmsdlq37xahyphenhyphenmfKVEFHj8jb1xnF55JdXv4vgcb1OlHnndZPS99kTPUVpzovzCWhe1Sbq3p13aBAffxCVtgrHCYqiKTZFfK4KCRx0x9Td2mJgaQi5uGH05LlTE_O7H8iJ_eBQ/s550/The-Pains-of-Being-Pure-at-Heart-550x366.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2v300t-ZqlrzbKVFC7uk6S8j9ntmvdc_OPVDH2OWjFmLcDIWVFvZmsdlq37xahyphenhyphenmfKVEFHj8jb1xnF55JdXv4vgcb1OlHnndZPS99kTPUVpzovzCWhe1Sbq3p13aBAffxCVtgrHCYqiKTZFfK4KCRx0x9Td2mJgaQi5uGH05LlTE_O7H8iJ_eBQ/w400-h266/The-Pains-of-Being-Pure-at-Heart-550x366.jpg" width="400" /></a></div>L'apertura se l'assicura <i>Contender</i>, che è non a caso il primo pezzo scritto dai Pains ed è giustamente lasciato alla sua quasi totale nudità di voce e chitarra, al suo morbido intreccio di distorsione e scampanellii, alle sue liriche post adolescenziali che citano gli Exploding Hearts (<i>you saw the boys in white sing "i'm a pretender", but you never were a contender</i>) e sono intrise di un romanticismo di provincia incerto fra la malinconia tipica del loser e l'orgoglio di sentirsi diversi dalla massa.<p></p><p>In <i>Come Saturday</i> - che dopo i tre minuti trattenuti della canzone precedente esplode di energia compressa e scorre come un treno sui binari ritmici scavati dal basso di Naidus - Berman e Wang raccontano un amore da teenager con quell'aria teneramente naif che sarà uno dei marchi di fabbrica dei Pains ("chi se ne frega se c'è una festa da qualche parte, ce ne staremo in casa per conto nostro") . </p><p>Fin qua né più ne meno la fotografia della band come era agli esordi. Con <i>Young Adult Friction</i> invece scatta qualcosa di diverso, qualcosa che fa letteralmente prendere il volo all'intero album (non è ancora atterrato, per la cronaca). La batteria di Kurt scandisce i suoi quattro quarti perfetti. E il synth di Peggy accende la luce in una stanza che era ancora semibuia. Tutto è semplice e vibrante, terribilmente catchy, soffice e scintillante di elettricità. L'urgenza comunicativa si percepisce dentro ogni parola, dentro ogni nota. Berman e compagni hanno scritto una delle canzoni sul <i>coming of age</i> più memorabili di sempre, e forse nemmeno lo sapevano. Il <i>don't check me out</i> ripetuto all'infinito nell'outro è un proclama di libertà da parte di chi non vuole davvero "diventare grande" ed è un altro must del gruppo. </p><p>Da questo momento in avanti la strada è ampiamente tracciata, e gli episodi successivi corrono rapidi e luminosi, uno dietro l'altro, con un'urgenza comunicativa debordante e torrenziale. <i>This Love Is Fucking Right! </i>- già ne abbiamo parlato sopra e, no, non è affatto una canzone che racconta di una relazione proibita tra fratello e sorella, come si è vociferato - e poi le trame jangly lineari di <i>The Tenure Itch</i>, che girano intorno ad uno dei ritornelli più orecchiabili dei Nostri (<i>every night he comes and goes again</i>) e contrastano con la storia vagamente inquietante che viene raccontata (una relazione tossica fra un docente e un'allieva?). </p><p><i></i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGuxiYUaCwXLhSVmawpjqGAZIZqJwwnjg8cilaF1sS8pO6_ZMtFr908Pjoqhan-FUp5pbRoYv1srHcBe7VUf6BfHCXD5qSj9mOrSFHcTbR0ipNEWZYF-_411ELSuG8R2nLj4a330q4IRIBIdWnX9i8UfvRms69eEMGoZvCdPl23322LWGJPx4GMA/s1200/1200x0.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="826" data-original-width="1200" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGuxiYUaCwXLhSVmawpjqGAZIZqJwwnjg8cilaF1sS8pO6_ZMtFr908Pjoqhan-FUp5pbRoYv1srHcBe7VUf6BfHCXD5qSj9mOrSFHcTbR0ipNEWZYF-_411ELSuG8R2nLj4a330q4IRIBIdWnX9i8UfvRms69eEMGoZvCdPl23322LWGJPx4GMA/s320/1200x0.jpg" width="320" /></a></div><i><br /></i></div><i>Stay Alive</i>, cuore pulsante dell'intero disco, sta ai Pains Of Being Pure At Heart come <i>There Is A Light That Never Goes Out</i> sta agli Smiths. Al posto del romanticismo macabro di Morrissey, ecco la tenerezza sorridente e risoluta di Berman. Musicalmente, è la cosa più vicina ai Ride di <i>Twisterella</i> che i Nostri abbiano scritto (giusto per citare l'ennesima reference). Dentro c'è tutto quello che i Pains sanno fare, ed è evidente che i tre minuti canonici non bastano a contenere tutto: la propulsiva progressione acustica, l'andamento circolare e cantilenante della linea melodica, le voci soffici di Kip e Peggy che si mescolano lievi, il distorsore che fa deflagrare il ritornello portando le liriche fuori dalle tenebre che raccontano (<i>don't you try to shoot up the sky, tonight we'll stay alive</i>). <p></p><p>A chi parla Berman in quasi tutte le sue canzoni? Lo abbiamo capito, passo dopo passo: al teenager che non è più, quello a cui dà la mano in <i>Everything With You</i> (<i>I'm with you, there's nothing left to do</i>), che è un po' il lato B di <i>Stay Alive, </i>la sua versione punk<i>.</i> Quando scrivono le loro canzoni, i Pains sono più vicini ai trenta che ai venti, ma c'è sempre un diciottenne insicuro a cui dare del tu e cui dire "ti capisco, sono come te, c'è tanta gente come te da conoscere se esci dalla tua cameretta". Nella letteratura musicale twee in cui sono immersi è come se i quattro Pains (Berman soprattutto) si fossero trasformati negli indie-idols che hanno sempre sognato, ed ora fanno il loro dovere di supereroi: salvano gli sfigati con l'indie pop. Esattamente ciò che cercano di fare con la ragazza (ragazzo?) innamorata/o di Cristo e dell'eroina di <i>A Teenager In Love</i>. Che è forse il pezzo più delicato dell'intero lotto, e paradossalmente il più disperato (<i>and if you made a stand, i would stand with you till the end</i>). Esattamente ciò che fanno con il Paul di <i>Hey Paul</i>, che da quando è nato aspetta "qualcuno" o "qualche canzone" che lo salvi. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMyR6i8WI0kTKgZp3xhuMMUtsgJsz1Y3U9k6VRQXornz4RrGvdsof1nkEnxRIT4G-QsYB4XizQc4_efZDTF7sF9lXOi9gb3chDpYZXx1xsfihtzuEhYYFJ5BAG7lIZyXKH3l4N6S7LmjQgRoFGOkCMucv7IcCzAnPV3N1DuFa7ybRhTFIQ4_1Slg/s1350/The+Pains+of+Being+Pure+at+Heart+Pains1.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1350" data-original-width="906" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMyR6i8WI0kTKgZp3xhuMMUtsgJsz1Y3U9k6VRQXornz4RrGvdsof1nkEnxRIT4G-QsYB4XizQc4_efZDTF7sF9lXOi9gb3chDpYZXx1xsfihtzuEhYYFJ5BAG7lIZyXKH3l4N6S7LmjQgRoFGOkCMucv7IcCzAnPV3N1DuFa7ybRhTFIQ4_1Slg/w269-h400/The+Pains+of+Being+Pure+at+Heart+Pains1.jpg" width="269" /></a></div><br />E' chiaro che quando Kip, Alex, Peggy e Kurt hanno messo insieme i pezzi del loro album volevano costruire un piccolo ma potentissimo marchingegno catartico. Perché catartici sono le melodie che si possono cantare dentro la testa o a squarciagola e catartica è l'elettricità che sfrigola dall'amplificatore delle chitarre. E <i>Gentle Sons</i>, ultimo episodio del disco, trova la sua catarsi nel ritmo marziale della batteria, nel flusso ormai incontrollato dell'energia statica e nel <i>carpe diem</i> di una notte che sembra non voler finire ("oh no, dici che hai bisogno di un amico, ma non potremo vivere per sempre").<p></p><p>Bene. The Pains Of Being Pure At Heart, l'album di debutto, sta tutto qui, compatto e coerente nel suo essere gentile e rumoroso, nel raccontare la fragilità e offrire un appiglio per affrontarla. </p><p>Da un punto di vista oggettivo, non è il disco più riuscito di Berman e compagni, che da questo momento per un paio d'anni trasformeranno in oro qualsiasi nota suoneranno: l'EP Higher Than The Stars alla fine del 2009, il singolo <i>Say No To Love</i> (la canzone più straordinariamente potente che abbiano scritto) nel 2010, e il secondo album Belong, pieno zeppo di cose magnifiche, più rotondo, più prodotto e ancora perfettamente aderente all'estetica dei giorni in cui suonavano nei pub di provincia di fronte a sei spettatori. I due dischi successivi, corrispondenti a una progressiva diaspora dei membri della band, saranno in sostanza Berman-centrici e punteranno a dare un contorno quasi barocco al suono originario dei Pains. Saggiamente, arrivato alla consapevolezza che non c'erano più teenager problematici da salvare con quella musica, ma solo trenta-quarantenni da solleticare con il fantasma luminoso dei fasti dell'indie pop, Kip chiuderà ufficialmente la band e si dedicherà in sostanza alla famiglia e al progetto cantautorale The Natvral. Di Peggy Wang si sono perse le tracce. Kurt Feldman ha continuato a suonare da turnista per altri artisti. Alex Naidus è in verità l'unico che porta avanti lo spirito dei Pains, ma nella loro reincarnazione losangelina, gli ottimi Massage. </p><p>Insomma, The Pains... non è forse un capolavoro, ma è il disco giusto al moneto giusto, perfetto per un momento storico in cui l'indie viveva un lungo canto del cigno dopo i fasti dei '90 e rischiava di declinare in un manierismo sempre più tangente all'elettronica. Stava lì a dimostrare come bastassero pochi ingredienti - presi dagli ingombri scaffali dei decenni precedenti - per costruire qualcosa che non era nuovo ma al contempo era nuovissimo, e unico, e che forse non apriva una nuova epoca ma ne chiudeva una in modo spettacolare. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1089159807/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://slumberlandrecs.bandcamp.com/album/the-pains-of-being-pure-at-heart">The Pains of Being Pure At Heart by The Pains of Being Pure At Heart</a></iframe></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-49857721150548842542024-02-13T17:11:00.000+01:002024-02-13T17:11:00.132+01:00Ducks Ltd. - Harm's Way ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHc5-Fnxam2AvQpLjwZKdS9SmL9L98mTs3uHzD77bLVOxXXEcoFDzo3-vfJocJzvh7N9iLGJFrZRwaHwgfqabdr0Hwf982aa1hwuhJr9SZS0seUPtSzXjVdkXQQQQCQ8yvP2gs6C977Rz28m7KU4qDrFjxLKOsTbjltM_r2e8dgXBMasNtOfLCqA/s2000/406765666_842742924518795_451802737340790541_n.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1429" data-original-width="2000" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHc5-Fnxam2AvQpLjwZKdS9SmL9L98mTs3uHzD77bLVOxXXEcoFDzo3-vfJocJzvh7N9iLGJFrZRwaHwgfqabdr0Hwf982aa1hwuhJr9SZS0seUPtSzXjVdkXQQQQCQ8yvP2gs6C977Rz28m7KU4qDrFjxLKOsTbjltM_r2e8dgXBMasNtOfLCqA/w400-h286/406765666_842742924518795_451802737340790541_n.jpg" width="400" /></a></div>Jangly e uptempo, più neozelandesi che californiani nello stile, i canadesi Ducks Ltd. avevano esordito un paio d'anni fa con un <a href="https://www.justanotherpopsong.com/2021/10/ducks-ltd-modern-fiction-album-review.html" target="_blank">album</a> che ne aveva messo in luce un notevolissimo talento in bilico tra freschezza e nostalgia.<p></p><p>Tom McGreevy e Evan Lewis sono arrivati al "difficile secondo album" senza perdere la brillantezza del debutto, con nove canzoni che ancora una volta evidenziano lo stile peculiare della band che, un po' come i Bats - giusto per giustificare il riferimento neozelandese - è catchy ma mai fino in fondo, apparentemente leggero e al contempo sempre inquieto e sottilmente ombroso. </p><p>Un'inquietudine che non si nasconde nel suono scampanellante delle chitarre - come accade per altre band - ma sembra proprio tradursi in esso, in particolare nelle sue trine torrenziali, rapidissime, incalzanti (prendete <i>The Main Thing</i> ad esempio) e tutt'altro che leggiadre, con le uniche eccezioni della più luminosa <i>Deleted Scenes</i> e dell'acustica conclusiva <i>Heavy Bag</i>. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3151627262/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://ducksltdband.bandcamp.com/album/harms-way">Harm's Way by Ducks Ltd.</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-2279246068724208122024-02-08T16:36:00.000+01:002024-02-08T16:36:12.249+01:00Flight Mode - The Three Times ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8SCRu9tfeyfq5BO4HJFm9yiiLltSm8ausbbiPlVm2tKAmzWLVHztqUxL6oCAgzNsa6sfBX8-qO6s9UTHR5eF9CdxScbpNFbaoCv3ngjoIzYk0nH8EB95gjdyz4dyDCeoORhrFWDlh086X1H_PGsdtNWicfewe8IGbmXqFQD_NU_uK1FMoOTD-rQ/s1220/Screenshot%202024-02-07%20alle%2017.40.31.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="792" data-original-width="1220" height="260" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8SCRu9tfeyfq5BO4HJFm9yiiLltSm8ausbbiPlVm2tKAmzWLVHztqUxL6oCAgzNsa6sfBX8-qO6s9UTHR5eF9CdxScbpNFbaoCv3ngjoIzYk0nH8EB95gjdyz4dyDCeoORhrFWDlh086X1H_PGsdtNWicfewe8IGbmXqFQD_NU_uK1FMoOTD-rQ/w400-h260/Screenshot%202024-02-07%20alle%2017.40.31.png" width="400" /></a></div>Guardando a ritroso (con un pizzico di nostalgia), è evidente come l'età d'oro dell'indie rock - iniziata sullo scorso degli Ottanta con il genio seminale dei Pixies e proseguita in mille rivoli nei Novanta - abbia vissuto il suo canto del cigno con i primi tre album dei Death Cab For Cutie, forse l'ultimo gruppo che abbia detto realmente qualcosa di nuovo in una scena che, tutt'altro che esaurita, cominciava inevitabilmente a stabilizzarsi dentro il perimetro dei canoni di genere. Parliamo di vent'anni fa, più o meno.<p></p><p>Quanto quegli album siano entrati potentemente nell'immaginario, lo leggiamo con facilità in decine di band di oggi, formate da musicisti per cui l'indie di quei tempi è un dato spesso precedente anche alla propria nascita. Tra tante, mi sembra davvero che meritino la nostra attenzione i Flight Mode, terzetto di Oslo che negli ultimi anni ha pubblicato tre ep che oggi finalmente vengono messi insieme a formare un album di debutto di poderosa bellezza. </p><p>Sjur Lyseid, l'anima dei Flight Mode, in verità non è un novellino, anzi. Qualcuno se lo ricorderà una quindicina di anni fa con un progetto solista che si chiamava The Little Hands Of Asphalt, che ne aveva messo in luce il talento di scrittura e un amore per il folk rock americano piuttosto diffuso nella scena indipendente norvegese.</p><p>Nella sua incarnazione maggiormente rock, Lyseid ha compiuto esattamente la stessa parabola della band di Ben Gibbard: è partito con uno stile più ruvido e uptempo che qualche recensore ha etichettato (secondo me sbagliando) come emo punk (sono i primi quattro pezzi del lotto, piuttosto vicini alle cose di ME REX o dei Great Grandpa, per intenderci) e poi ha proceduto a smussare via via gli angoli, fino ad arrivare alle canzoni più morbide e intrise di folk contenute nell'ep che esce coevo all'album. Insomma, la struttura particolare di The Three Times permette di apprezzare in modo evidente un'evoluzione che non ha tanto a che fare con la qualità (che è alta sempre), quanto con un mood compositivo progressivamente diverso. </p><p>Ciò che rimane fortemente caratterizzante nel suono dei Flight Mode è un'energica immediatezza, che si esprime sia quando l'elettricità è lasciata più libera di fluire con fragore, che quando i ritmi rallentano. </p><p>Un grande album fatto di tre piccoli grandi album!</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=932959301/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://flightmodeosl.bandcamp.com/album/the-three-times">The Three Times by Flight Mode</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-17175793940580277552024-02-03T18:16:00.001+01:002024-02-03T18:16:28.971+01:00Anika Pyle - Four Corners EP REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSWrtl22csisMdKidoNQDad-AmOykajPZXnSvtzvMAV80ZSqmUSR5EqjEyiwp0LCU-F6EJseCfYxGginHklt7wx83wpHbdYD0jCq3XU3eoR1Ae6BlXy_k_UJJJAO9rVVlnY21P63yH7eguPE1ZzqCmrEmzVLy3FbYIjoj7RvR1-kuf9iicsLdEXg/s1614/Screenshot%202024-02-03%20alle%2018.15.07.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1614" data-original-width="1232" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSWrtl22csisMdKidoNQDad-AmOykajPZXnSvtzvMAV80ZSqmUSR5EqjEyiwp0LCU-F6EJseCfYxGginHklt7wx83wpHbdYD0jCq3XU3eoR1Ae6BlXy_k_UJJJAO9rVVlnY21P63yH7eguPE1ZzqCmrEmzVLy3FbYIjoj7RvR1-kuf9iicsLdEXg/s320/Screenshot%202024-02-03%20alle%2018.15.07.png" width="244" /></a></div>Nel vasto mare di cantautrici che riempiono la scena indie, Anika Pyle è da molto tempo una piccola isoletta che pochi appassionati incrociano sulla propria rotta, ma molto amata di chi la conosce. Con un passato in una band punk, da cinque anni la musicista basata in Colorado ha iniziato una carriera solistica che mette insieme una propensione folk pop (un po' la stessa di Big Thief o Waxahatchee) dai contorni minimali ed una forte caratterizzazione narrativa e introspettiva delle proprie liriche. <p></p><p>Mi sono imbattuto nel nuovo ep di Anika senza grandi aspettative - avevo già ascoltato il suo album del 2022, che non mi aveva convinto del tutto - e devo dire che stavolta mi ha letteralmente preso il cuore.</p><p>Come sempre, la Pyle mette in campo un grande talento nel raccontare la sua quotidianità e i suoi luoghi dell'anima (le quattro canzoni del disco sono dedicate rispettivamente al quadrilatero Arizona, New Mexico, Utah, Colorado), ma questa volta è come se avesse liberato il proprio stile e la propria voce, costruendoci attorno una dimensione sonora più ampia, apertamente pop quando serve (<i>Arizona</i> è davvero un piccolo <i>banger </i>di genere, che ti proietta concretamente nel paesaggio che attraversa: <i>driving down this desert road, stretching straight to Mexico, Tom Petty on the radio, hand out the window...</i>), delicatamente folk e sempre perfettamente equilibrata negli altri momenti.</p><p>La conclusiva <i>Colorado Sage</i>, con la sua piana e commovente confessione di un'infanzia vissuta in povertà estrema ("ma mi sentivo ricca e libera, correndo tra i campi di salvia del Colorado"), è un piccolo capolavoro di poetica semplicità. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1469721084/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://anikapyle.bandcamp.com/album/four-corners">Four Corners by Anika Pyle</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-89732224598392793392024-01-30T15:00:00.001+01:002024-01-30T15:00:00.160+01:00The Umbrellas - Fairweather Friend ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIpPwlNH4n6RvQHlmwnhji_HAywPDccvpYL3GTPQIyk1ErdSKHg2NBSuf3SNcj6svnIR70FOczSEWtu_ftXvMJmI-aNwcEScM_pndFYHtS-a1gFJ2pz5YC3hWpIhPbSXl3JjVfV1WC5a_AWPYc16hQnj4BqlzSYVIsAH8u1w01NdmVJbXl8UBJuw/s1000/The-Umbrellas.jpg.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="663" data-original-width="1000" height="413" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIpPwlNH4n6RvQHlmwnhji_HAywPDccvpYL3GTPQIyk1ErdSKHg2NBSuf3SNcj6svnIR70FOczSEWtu_ftXvMJmI-aNwcEScM_pndFYHtS-a1gFJ2pz5YC3hWpIhPbSXl3JjVfV1WC5a_AWPYc16hQnj4BqlzSYVIsAH8u1w01NdmVJbXl8UBJuw/w640-h413/The-Umbrellas.jpg.webp" width="640" /></a></div><br />Ci sono band in giro che sembrano davvero reincarnazioni di gruppi del passato. Alcune lo sono consapevolmente, altre probabilmente no. Molte non hanno gran che di nuovo da dire rispetto al loro modello, altre invece semplicemente si impadroniscono di uno stile e lo fanno rivivere intorno alla propria proposta peculiare. <p></p><p>Nel caso dei californiani The Umbrellas, l'adesione alla lezione dei maestri Heavenly è così piena ed entusiastica da rendere orgogliosi - ne sono certo - persino Amelia Fletcher e Rom Pursey. </p><p>Un'adesione che fa muovere ogni canzone della band di San Francisco dal canone indie pop del mitico gruppo inglese dei primi '90 - le melodie floreali e inevitabilmente catchy, le chitarre frizzanti e scampanellanti, le ritmiche uptempo, la compenetrazione fra folk e punk, l'alternarsi e mescolarsi delle voci maschile e femminile, l'estetica twee come modo di essere prima ancora che di suonare, la nostalgia un po' naia per il bubblegum pop dei sixties, lo spirito integralmente artigianale della produzione - con una vitalità debordante e luminosa che è veramente una benedizione e che a ben vedere finisce addirittura per superare i maestri. </p><p>Fairweather Friend presenta senza soluzione di continuità un'infilata micidiale di pezzi leggeri, intelligenti, canticchiabili, pieni di piccole sorprese, sinceramente travolgenti, in grado di essere delicati e insieme sferzanti allo stesso momento. Rispetto alla durata classica di due minuti e trenta dei gruppi dell'era Sarah Records, che sono evidentemente nel mirino degli Umbrellas da sempre, la band di Matt Ferrara con questo secondo album sembra voler superare le cose degli esordi (<a href="https://theumbrellasca.bandcamp.com/album/the-umbrellas" target="_blank">The Umbrellas</a> è del 2021) confezionando le sue <i>perfect pop songs </i>con l'ambizione più definita di usare una palette espressiva più ampia che crei in definitiva un percorso variegato, un po' sulla scia di gruppi affini del recente passato come Allo Darlin e Camera Obscura o del presente come i Say Sue Me. </p><p>Prendiamo ad esempio l'architettura decisamente complessa di una <i>Say What You Mean</i>, che sviluppa una narrazione ampia di stampo decisamente cantautorale infilandola con un'abilità pazzesca nei confini dello stile dolcemente arrembante della band. La stessa dimensione che ritroviamo poi nella splendida acustica <i>Blue</i>. Oppure prendiamo i cambi di ritmo dell'iniziale <i>Three Cheers!</i>. </p><p>Ma alla fine dove la band di San Francisco riesce davvero ad essere incredibilmente efficace è nei pezzi trascinati dalle chitarre jangly e dalla variopinta coloritura delle armonie vocali: <i>When You Find Out</i>, con la sua sfrontata propulsione pop, è l'esempio migliore, ma anche la conclusiva <i>P.M., </i>che è una <i>Boys Don't Cry</i> in salsa twee / power pop. </p><p>Per The Umbrellas questo Fairweather Friend è senza dubbio l'album della consacrazione nell'Olimpo dell'indie pop di oggi: un disco maturo, spumeggiante, coinvolgente, filologicamente retrò ma senza averne l'aria. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2522961059/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/license_id=3473/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://theumbrellasca.bandcamp.com/album/fairweather-friend">Fairweather Friend by The Umbrellas</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-42838436884999567362024-01-25T17:29:00.001+01:002024-01-25T17:29:00.192+01:00The Fauns - How Lost ALBUM REVIEW<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRp4AmaoMX95zK2kK8cHv3LAyECaQDQmcbpwdL4JowuR9lJGQGV1OxavxBmYhXJ8GA7CzAVFuJC7RI5id8v8-fDZeVG_HOwU3qjRFxQyCSaNaOh9qo6W2bq3hHLGExzKUJ3Dv6jJM9Oxa59i-w4e5h36Ogq2VfFt6MeiWXDl3KoPqzAhxv2km1Ww/s2604/Screenshot%202024-01-21%20alle%2017.49.03.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1604" data-original-width="2604" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRp4AmaoMX95zK2kK8cHv3LAyECaQDQmcbpwdL4JowuR9lJGQGV1OxavxBmYhXJ8GA7CzAVFuJC7RI5id8v8-fDZeVG_HOwU3qjRFxQyCSaNaOh9qo6W2bq3hHLGExzKUJ3Dv6jJM9Oxa59i-w4e5h36Ogq2VfFt6MeiWXDl3KoPqzAhxv2km1Ww/w400-h248/Screenshot%202024-01-21%20alle%2017.49.03.png" width="400" /></a></div>Si erano perse le tracce dei The Fauns, dopo che la band di Bristol era stata protagonista di una piccola wave di shoegaze revival una quindicina di anni fa. In verità il gruppo di Alison Garner non ha mai suonato uno shoegaze canonico (se mai ne esiste uno), ma fin dagli esordi ha utilizzato elementi del genere - soprattutto le chitarre riverberanti e immersive e una insistenza dilatazione melodica - per farsi la propria strada e costruire uno stile decisamente cinematico e piuttosto algido.<div>Ritornati dopo una pausa creativa di dieci anni, i Fauns ripartono con un pezzo (quello che apre l'album) di densa suggestione, <i>Mixtape Days</i>, che nelle liriche rievoca l'indie clubbing sullo scorcio fra '80 e '90 e nella portentosa struttura sonora, oscura, incalzante e avvolgente, sta tra i Cure più scenografici e i Blonde Redhead di <i>23</i>. </div><div>Suoni elettronici, ritmiche squadrate e chitarre atmosferiche à la Martin Gore, anche nel secondo episodio: una <i>Shake Your Hair</i> intrisa di un romanticismo distopico e inquietante. </div><div>Se i primi due pezzi ci introducono in un buio sottilmente claustrofobico, l'apertura di <i>How Lost</i> riaccende la luce e si infila nei binari più confortevoli di un dream pop al contempo solenne e cantilenante, dove synth, chitarre e voce si fondono insieme in un lungo bagliore finale. </div><div>Di nuovo un tuffo in una notte liquida con <i>Afterburner</i> (la voce di Alison che si fa a poco a poco sussurro in un gorgo di rumore bianco che inghiotte il pezzo), prima della splendida, distesa e sognante <i>Doot Doot</i>, che è una sorta di geniale ibrido fra lo shoegaze e gli Eurytmics, che svuota la forma canzone classica pur conservandone l'immediatezza melodica e da un punto di vista di raffinatezza produttiva è il vertice di tutto l'album. </div><div>A chiudere l'elettronica oscura e quasi ballabile di <i>Modified </i>e<i> Dark Discoteque. </i>E infine l'orizzonte emozionante e crepuscolare di <i>Spacewreck</i>, vasta scenografia che si allunga all'infinito sulla scia dei synth. </div><div>How Lost è un album ambizioso, deliberatamente atmosferico, in verità difficilmente inquadrabile in un genere preciso: più una colonna sonora (molti i rimandi tra un momento e l'altro) che una vera e propria raccolta di canzoni in senso stretto, sicuramente affascinante. </div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2472807976/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://thefauns.bandcamp.com/album/how-lost">How Lost by The Fauns</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-47126836672945998862024-01-20T08:04:00.001+01:002024-01-20T08:04:25.368+01:00PIETRE MILIARI: Night Flowers - Eleven Songs [2017]<p><i><span style="color: #2b00fe;">In questa pagina mi occupo di indie pop nelle sue diverse declinazioni. Da oggi comincia una rubrica (mensile, più o meno), in cui tiro giù dallo scaffale e riascolto insieme a voi gli album che ritengo abbiano svolto un ruolo fondamentale nel genere che amo. </span></i></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_IK1qX0og7He31vX0eX3LRtytYld6zgbhYYD2s-LIn1ntP34cU8FkEX7voaIsMlp4FbFRX4awUQAbuOXuevihJ1Hsby1SaPZ3w5nsPydpSaFMEUMg6nxUbmqxgLOJcFPaiQ-KTsrh6DJiABPnmQj_FroxAMrLLkstnWcQQ3AONmm-G0xJe32_0Q/s1790/Screenshot%202024-01-18%20alle%2016.19.25.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1188" data-original-width="1790" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_IK1qX0og7He31vX0eX3LRtytYld6zgbhYYD2s-LIn1ntP34cU8FkEX7voaIsMlp4FbFRX4awUQAbuOXuevihJ1Hsby1SaPZ3w5nsPydpSaFMEUMg6nxUbmqxgLOJcFPaiQ-KTsrh6DJiABPnmQj_FroxAMrLLkstnWcQQ3AONmm-G0xJe32_0Q/w400-h266/Screenshot%202024-01-18%20alle%2016.19.25.png" width="400" /></a></div>Eleven Songs, diciamolo subito, non è nemmeno un album. E' - o meglio era - una cassetta che i Night Flowers avevano deciso di vendere al pubblico dei loro concerti e che è stata digitalizzata e resa disponibile su Bandcamp nel 2017. Insomma, è sostanzialmente una raccolta di canzoni uscite come singoli, lati A e B, a partire dal 2013.<p></p><p>Nel 2017 i Night Flowers erano davvero quello che si dice una band di belle speranze: il gruppo basato a Londra aveva finalmente trovato la quadratura con l'ingresso della cantante Sophia Pettit e Wild Notion, il vero album d'esordio, era in rampa di lancio (uscirà nell'aprile 2018). Nell'anno precedente i nostri avevano attirato l'attenzione degli appassionati sfornando una canzone dietro l'altra, mostrando un talento ed una forza espressiva davvero fuori dall'ordinario che stava fra dream e power pop: un mix di miele ed elettricità che raramente in altre band si erano fusi insieme con una tale perfezione. </p><p>Le undici canzoni della raccolta sono esattamente la fotografia dei Night Flowers in quel momento magico. Un momento - e quindi una generosa manciata di pezzi - in cui Chris Hardy, Greg Ullyart, Zebedee Butworth, Paul Beal e Sophia Pettit (appena subentrata a Hester Ullyart, come abbiamo detto) sembravano avere toccato un ideale Zenith del genere a cui erano devoti, mettendo insieme con un solo sguardo lo shoegaze e i Pains Of Boeing Pure At Heart, le Lush e gli Alvvays, i Ride e i Teenage Fanclub, con un tocco di ingenua e sorridente dolcezza che li rendeva subito riconoscibili. </p><p><i>Glow In The Dark</i>, il pezzo che apre la collezione, è la cartina di tornasole stilistica dei Night Flowers: le due chitarre che dialogano, avvolgono e poi salgono in un crescendo di terea morbidezza; la voce di Sophia così soffice e gentile; la melodia di delicata immediatezza. E' la via dei Night Flowers al dream pop - deliberata catchyness, romanticismo post adolescenziale nelle liriche, chitarre vibranti ma mai aggressive, synth usati con discrezione, ritmi midtempo, enfasi sulla vocalità non certo prorompente ma perfettamente adeguata al contesto della Pettit, sottolineata dai cori di Greg Ullyart (che ogni tanto - da autore dei pezzi - si prende pure il centro della scena, come farà in <i>Chaser</i>, per esempio). Pezzi come <i>Amy</i> o <i>Sitting Pretty </i>testimoniano il fatto che la ricerca della perfect pop song da parte dei Night Flowers era già in fase molto avanzata: funzionano, tutti, sempre. </p><p>L'entusiasmo della band appare in trasparenza quasi in ogni episodio del disco, con un apice evidente in una canzone come <i>Sleep</i> che è, detto semplicemente, il capolavoro dei Night Flowers ed uno dei pezzi dream pop più memorabili di sempre. Un'architettura aerea in costante crescendo che esalta al grado massimo tutti i meccanismi che dicevamo poco fa, con le due chitarre che al contempo accarezzano scampenellando (quella di Hardy) e sferzano di elettricità (quella di Ullyart) attorno a una linea melodica così luminosa e rotonda da sembrare quasi irreale, che si libera e si libra sempre di più verso la scintillante coda di cometa finale. </p><p>Ovvio, bisogna ammetterlo, che una band che agli esordi appariva già così straordinariamente inquadrata e definita, sarebbe andata incontro ad un futuro non facile, visto che chi se n'era innamorato al primo ascolto avrebbe confrontato per forza di cose il materiale nuovo con quello irripetibile dei primi singoli. </p><p>I due album che sono seguiti hanno senz'altro confermato la bontà e la qualità del progetto Night Flowers (specialmente il primo, il più ambizioso), ma non potevano contare su una <i>Sleep</i> al loro interno, e nella marea di dischi nuovi che escono ogni anno si sono un po' persi. </p><p>E si sono persi anche i Night Flowers: con l'eccezione di Ullyart, che abbiamo ritorvato ospite di altri progetti, gli altri membri del gruppo sono apparentemente tornati alle loro faccende personali. Una piccola storia indie - nemmeno particolarmente originale - tra tante storie indie, in cui i protagonisti un po' alla volta spariscono dalla scena e lasciano il raccolto di ciò che hanno seminato ad altri. </p><p>Resta il fatto bizzarro che il miglior album della band è - ma è giusto così - un non album, a raccontarci forse anche simbolicamente come la musica che amiamo sia soprattutto fatta di canzoni. </p><p><br /></p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3016087957/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://nightflowers.bandcamp.com/album/eleven-songs">Eleven Songs by NIGHT FLOWERS</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-24888811366892403252024-01-13T10:16:00.003+01:002024-01-13T10:16:26.723+01:00Pale Lights - Waverly Place ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4jXf_Ad3pwSt_ao54P-Pzo2nS3hFdysVlMXsFuHf9UqI712MLBzuczw2Ka3LqVwa1YoRI_m2RFvqWxrn9R56vSo72ACqZa1xPFTvUpP-Po9w49o1UWXnIYb1kc24lOf-vAd1b1BHDwxcM1qBnBvpvmDGDdlh79TgNpjYUaqoC3MRtlAy8uIs02A/s960/pale.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="960" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4jXf_Ad3pwSt_ao54P-Pzo2nS3hFdysVlMXsFuHf9UqI712MLBzuczw2Ka3LqVwa1YoRI_m2RFvqWxrn9R56vSo72ACqZa1xPFTvUpP-Po9w49o1UWXnIYb1kc24lOf-vAd1b1BHDwxcM1qBnBvpvmDGDdlh79TgNpjYUaqoC3MRtlAy8uIs02A/s320/pale.jpg" width="320" /></a></div>Si era persa traccia dei Pale Lights, la band che gira intorno a Phil Sutton (uno dei due fondatori dei leggendari Comet Gain, per chi non lo avesse mai sentito nominare), di stanza a Brooklyn. Dopo l'ultimo piacevolissimo album The Stars Seemed Brighter, che risale niente meno che al 2017, praticamente i Pale Lights erano spariti, mentre Phil si è dedicato al suo progetto solista Love, Burns. <p></p><p>E' bene dire subito che Sutton è uno di quei singer songwriter capaci di far rivivere con il suo tocco magico i fasti dell'indie pop delle origini: un po' Dan Treacy, un po' Lawrence Hayward (Felt) e un po' Stuart Murdoch. </p><p>Insomma, Sutton è uno che sa come si scrive una canzone, e in questo Waverly Place (che esce per la sempre ottima Jigsaw Records) di canzoni belle ce ne sono ben tredici, che affondano le radici nell'onda morbida del post punk inglese che portò al C86 e alla Sarah Records ed echeggiano l'indie sghembo e raffinato dei gruppi della Flying Nun e dei Go Betweens. </p><p>Attorno a chitarre che sono sempre deliziosamente jangly, si sviluppano canzoni dall'aura atemporale, perfette nella loro raffinata rotondità melodica, piene di piccole sorprese strumentali e di armonie vocali. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2217423181/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://jigsawrecords.bandcamp.com/album/pzl202-pale-lights-waverly-place">PZL202: Pale Lights - Waverly Place by Pale Lights</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-67234594959208656442024-01-05T20:00:00.001+01:002024-01-05T20:00:00.139+01:00Wallace Welsh - I Am Changing For The Better ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj8R3Ppt06Svo1C6at4-VB6e_Unn3NCD61sFnDazxSbej7pjpN5LR1KnhrZitaZGTpoSUOP0ga0w_B0vtUUbnMQI1K6nFa-C1Y5Ffpx6PlPGkvJudy427FzUZFbN1TXoBVSF0PwvjfB24YeMdefh9eJDBgJ3MHJyV0C_ZoYwHlwNljpMmLYand2g/s1200/0034428045_10.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="752" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj8R3Ppt06Svo1C6at4-VB6e_Unn3NCD61sFnDazxSbej7pjpN5LR1KnhrZitaZGTpoSUOP0ga0w_B0vtUUbnMQI1K6nFa-C1Y5Ffpx6PlPGkvJudy427FzUZFbN1TXoBVSF0PwvjfB24YeMdefh9eJDBgJ3MHJyV0C_ZoYwHlwNljpMmLYand2g/w251-h400/0034428045_10.jpg" width="251" /></a></div>Se il primo disco uscito nell'anno nuovo può fungere da buon auspicio per la musica che verrà nei prossimi dodici mesi, beh possiamo già dire che il 2024 parte alla grande con un album che - devo ammetterlo - mi ha sorpreso ed entusiasmato sotto molti aspetti.<p></p><p>Innanzitutto perché Wallace Welsh è un progetto italiano (non parlo mai di indie italiano, lo so...). Poi perché non avevo idea che esistesse prima di oggi (e invece ha diverse interessanti pubblicazioni negli ultimi anni, pure una collaborazione con Space Daze, cioè Danny Rowland dei compianti Seapony). E soprattutto perché tra i quattordici episodi di questo I Am Changing For The Better (che bel titolo, tra parentesi) ci sono davvero tante cose molto molto belle.</p><p>Andrea Lombardo, il musicista poco più che ventenne che si cela dietro il nome Wallace Welsh e che apparentemente si occupa di suonare tutto (non ne so nulla di più), fa subito pensare ad artisti indie che amiamo da queste parti come Josh Hwang (Castlebeat), Jackson Phillips (Day Wave), Thierry Haliniak (My Raining Stars), Andy Jossi (The Churchhill Garden / The Blue Herons) o Glenn Donaldson (The Reds Pinks & Purples). Tutta gente che - pur con stili diversi - si chiude in cameretta e costruisce le proprie canzoni attorno agli effetti che si possono ricavare dalla pedaliera della chitarra elettrica e al potere di suggestione emozionale di una linea melodica. </p><p>L'incipit dell'album, che porta un titolo - <i>Stargazing</i> - che grida dream pop da ogni lettera, a me è bastato per farmi innamorare a prima vista di Wallace Welsh: la trama delle chitarre ha un intreccio spettacolare, la voce si nasconde morbidamente tra le note, l'apertura melodica ampia, sognante e sottilmente malinconica ricorda l'inizio di un qualsiasi disco dei Cure dei tempi d'oro. I due pezzi che seguono, <i>Not Around</i> e <i>Manners and Etiquette</i>, disegnano linee guitar pop più definite, jangly e luminose, un po' nello stile dei signori che abbiamo citato poco fa: dinamica, piacevole e dondolante la prima, più sfrigolante e dreamy la seconda. Un terzetto di pezzi che introduce il talento del musicista romano in modo oggettivo e fa restare a bocca aperta.</p><p>Nel seguito altre cose molto riuscite: lo sketch cantautorale <i>Prussia I'm Ready For War</i> (le primissime cose di Conor Oberst suonavano così), l'indie piacevolmente rumoroso di <i>Bed Of Bin Bags</i>, un bel pezzo arrembante alla Jesus & Mary Chain come la deliziosa <i>Clash The Curse</i>, la calma dimensione onirica spinta verso un crescendo shoegaze di <i>Deer On A Highway</i>, la matura ed intima densità acustica di <i>Spiders</i>, la splendida esplosiva carica catchy di una perla come <i>Cool Beans</i> che sembra uscita dalla penna dei primi Teenage Fanclub o dei Primal Scream dell'era C86. E infine il cinematico dinamismo di <i>Fall Asleep // Aching Wake</i>, che possiede davvero quella soffice psichedelia di velluto che c'è per esempio nella musica di Day Wave. </p><p>Insomma, in definitiva in I Am Changing For The Better è un album veramente ricco, a suo modo complesso e articolato nel suo alternarsi di mood diversi, eccezionalmente curato ed elegante se consideriamo che è un prodotto totalmente artigianale, pienamente compreso all'interno di una dimensione indie pop a-temporale che lo fa brillare di luce propria. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3312141950/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://wallacewelsh.bandcamp.com/album/i-am-changing-for-the-better">i am changing for the better by wallace welsh</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-49119620440278376322023-12-23T16:51:00.009+01:002023-12-23T17:02:30.680+01:00(Just Another) Pop Song ALBUM OF THE YEAR 2023<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_dUcTq7Vhmf_fb_5rhqELtr68BZiqLkEOu2klvSzvS77kW8YdLiACvcPjvxJCxyL6rfIrOUJp6bmMPZIq7jqcp0Rm84lgB7LzPEBoyb9w46cBkRWx8gcuMa7y4MjeOcZ-IGdYTQAL_QtFlk9rKpWdxYf6oVJ12cEzWWSj08XOV8LAInrivR2zNA/s1200/top2023.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1200" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_dUcTq7Vhmf_fb_5rhqELtr68BZiqLkEOu2klvSzvS77kW8YdLiACvcPjvxJCxyL6rfIrOUJp6bmMPZIq7jqcp0Rm84lgB7LzPEBoyb9w46cBkRWx8gcuMa7y4MjeOcZ-IGdYTQAL_QtFlk9rKpWdxYf6oVJ12cEzWWSj08XOV8LAInrivR2zNA/w640-h480/top2023.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: center;"><b>12</b></p><p style="text-align: center;"><b>VULPIX - Innocent Pleasures Repeated Measures</b></p><p>Tra foschie post punk e ariose scenografie dream pop, la creatura musicale dell'australiano Jordan Barrow - che suona praticamente tutto e lo fa bene - possiede un fascino straniante, algido e delicato al tempo stesso, affine per molti versi ai nostri amati Castlebeat. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=508434314/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://vulpixmusic.bandcamp.com/album/innocent-pleasures-repeated-measures">Innocent Pleasures, Repeated Measures by VULPIX</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>11</b></p><p style="text-align: center;"><b>Moon In June - </b><span face=""Helvetica Neue", Helvetica, Arial, sans-serif" style="caret-color: rgb(54, 54, 54); color: #363636; text-align: left;"><b>ロマンと水色の街</b></span></p><p>L'amore dei giapponesi per la melodia è noto e i Moon In June lo testimoniano in pieno. I cinque di Tokyo suonano un dream pop in piena luce, che cita volentieri sia lo shoegaze che i primi Oasis, fresco e zuccheroso, arioso ed energizzante. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1562278405/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://mooninjunetokyo.bandcamp.com/album/-">ロマンと水色の街 by Moon In June</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>10</b></p><p style="text-align: center;"><b>Tossing Seed - When You Come Around</b></p><p>Nonostante il titolo citi (forse involontariamente) i Green Day, no, non siamo a San Francisco, ma in Indonesia e i Tossing Seed sono la punta di un iceberg di band indie pop che suonano le loro chitarre fragorose e cantano melodie catchy come se vivessero, beh sì, nei primi anni '90. Questo non è un album ma un ep allungato, ma è pieno di pezzi davvero memorabili, spontaneamente travolgenti. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=4289832076/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://tossingseed.bandcamp.com/album/when-you-come-around">When You Come Around by Tossing Seed</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>9</b></p><p style="text-align: center;"><b>Hurry - Don't Look Back</b></p><p>Con un titolo che allude senza mezzi termini agli Oasis e una generosa manciata di canzoni che sembra uscita da Songs From Northern Britain dei Teenage Fanclub, Matt Scottoline ci ha regalato il disco più leggero, luminoso e catartico dei suoi Hurry, una vera e propria cura per i cuori infranti, pieno di canzoni che ti prendono per mano e ti sorridono. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1920726620/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://hurrymusic.com/album/dont-look-back">Don't Look Back by Hurry</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>8</b></p><p style="text-align: center;"><b>Helpful People - Brokenblossom Threats</b></p><p>La collaborazione fra Carly Putnam e il re Mida del jangle pop Glenn Donaldson non poteva che sortire un gran disco. Le chitarre sono decisamente più sature e sfrigolanti rispetto ai Reds Pinks & Purples, ma il tocco magico è lo stesso, ancora più incisivo nel suo algido abbraccio elettrico. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3778235864/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://fwymusic.bandcamp.com/album/brokenblossom-threats">BROKENBLOSSOM THREATS by HELPFUL PEOPLE</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>7</b></p><p style="text-align: center;"><b>ME REX - Giant Elk</b></p><p>I ME REX di Myles McCabe sono in fondo una crasi inestricabile fra punk pop e cantautorato folk, con i Neutral Milk Hotel come nume tutelare. Arrivata all'album d'esordio, la band come sempre non lesina ingredienti: tante chitarre, elettriche e acustiche, tanti synth, tante parole, tanta energia che sembra letteralmente debordare da ogni pezzo con una spontanea ed entusiastica forza antemica. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3130722031/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://merex.bandcamp.com/album/giant-elk">Giant Elk by ME REX</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>6</b></p><p style="text-align: center;"><b>Soft Science - Lines </b></p><p>I californiani Soft Science non sono dei novellini: maneggiano la materia dream pop con la sicurezza dei veterani e la passione filologica di chi del genere conosce ogni sfumatura presente e passata. Nei pezzi di Lines ci sono una montagna di chitarre e synth, il fascino vocale di Katie Haley, una cura maniacale per le sfumature, una classe di scrittura sopraffina ed alcuni tocchi super pop che tolgono il fiato. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2479668238/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://softscienceband.bandcamp.com/album/lines">Lines by Soft Science</a></iframe><p style="text-align: center;"><b>5</b></p><p style="text-align: center;"><b>Apartamentos Acapulco - La Reconciliaciòn </b></p><p>Potevano mancare gli Apartamentos nella collezione di fine anno? Da sempre Angelina, Ismael e compagni possiedono quel tocco magico in grado di far decollare ogni cosa che suonano come un razzo sparato oltre il cielo. La Reconciliaciòn è l'ennesima conferma che il dream pop leggiadro e poderoso al tempo stesso, sognante e graffiante, della band di Granada ha davvero qualcosa di speciale. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3332303293/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://apartamentosacapulco.bandcamp.com/album/la-reconciliaci-n">LA RECONCILIACIÓN by Apartamentos Acapulco</a></iframe><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">4</span></b></p><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">Fragile Animals - Slow Motion Burial</span></b></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8OPE8yS3VdpNJlI84h38VpCKkyzT_VPTKcReFu1fHY3tcrGNG3rPAX76nw3sNRUsDqGxmxYnHiGK6r_A1LClR1MAi4uC5PaqtBd_vo84fFD7uDAHs76WMnEsQTBtCV4en2m6iJ3AHE3-x0VT49DoIn2J6bs5Aqq4NBva671nVoB1qcP3f9BGWDQ/s1884/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.17.03.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1256" data-original-width="1884" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8OPE8yS3VdpNJlI84h38VpCKkyzT_VPTKcReFu1fHY3tcrGNG3rPAX76nw3sNRUsDqGxmxYnHiGK6r_A1LClR1MAi4uC5PaqtBd_vo84fFD7uDAHs76WMnEsQTBtCV4en2m6iJ3AHE3-x0VT49DoIn2J6bs5Aqq4NBva671nVoB1qcP3f9BGWDQ/w400-h266/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.17.03.png" width="400" /></a></div><br />Sicuramente il premio "sorpresa dell'anno" se lo portano a casa loro, i Fragile Animals di Brisbane, Australia. Slow Motion Burial è uno scrigno di canzoni costruite quasi sempre attorno a formidabili climax elettrici, potentissime e inesorabilmente catchy nel loro mix di miele ed elettricità statica, formalmente sfavillanti, intrise di una travolgente carica emozionale esaltata dalla voce di Victoria Jenkins. <p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2505368642/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://fragileanimals.bandcamp.com/album/slow-motion-burial">Slow Motion Burial by Fragile Animals</a></iframe></p><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">3</span></b></p><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">Flyying Colours - You Never Know</span></b></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhel8KYbOpyvuHYsEsIIsfxTb9pRhp82AFXUYCw9AGLEOdLl0wPAzP7yc9Uy4k1ImL_k7PSIgmXFLGUFWH6FH-yypKNSXsdDq_dJ7Rbjx-3sWX1B7kT0mHYuW0QgOi_U6OKdColLJ2UE7YRHYysVT-UFnMRvZb0ClqxAPPf5R58YgxU-b_jT6dCYg/s2086/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.18.43.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1174" data-original-width="2086" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhel8KYbOpyvuHYsEsIIsfxTb9pRhp82AFXUYCw9AGLEOdLl0wPAzP7yc9Uy4k1ImL_k7PSIgmXFLGUFWH6FH-yypKNSXsdDq_dJ7Rbjx-3sWX1B7kT0mHYuW0QgOi_U6OKdColLJ2UE7YRHYysVT-UFnMRvZb0ClqxAPPf5R58YgxU-b_jT6dCYg/w400-h225/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.18.43.png" width="400" /></a></div><br />Se facessimo ascoltare la band di Melbourne a un appassionato che non l'ha mai sentita prima, la collocherebbe forse sullo scorcio fra fine '80 e inizio '90, e probabilmente la inserirebbe volentieri nel gotha della prima ondata shoegaze / dream pop, magari sul piano di Ride, Slowdive, Lush e My Bloody Valentine. In verità i Flyying Colours hanno i piedi ben piantati nel presente, ed hanno il pregio straordinario di essere un formidabile panottico del genere. Il loro terzo album è davvero un prodigio di elettricità e melodia, trascinante, vigoroso, sfrigolante e immediato al tempo stesso, che fa rivivere quei modelli senza bisogno di citarli.<p></p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1692009571/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/license_id=3074/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://flyyingcolours.bandcamp.com/album/you-never-know">You Never Know by Flyying Colours</a></iframe><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">2</span></b></p><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">Babaganouj - Jumbo Pets</span></b></p><p style="text-align: left;"><span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4icW6Rf0gXDmud2OthgD6HF4vI_uv8kY9JBWFkL-sgJIwMk9jOI0pVu1oMMpi9JOLYPN5UhpHARCxBTU-FWBUY0zx0H5eSwYwRh60zr-TU8-36n2ZNdMh7rez4lDvoleNNljqaWGL-xBcluxGvMYCmwRiQcI_2h2VOMFsMGIPUX44k3dh48-Y8A/s960/316080148_8640861175938914_5817916421541867373_n-2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="959" data-original-width="960" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4icW6Rf0gXDmud2OthgD6HF4vI_uv8kY9JBWFkL-sgJIwMk9jOI0pVu1oMMpi9JOLYPN5UhpHARCxBTU-FWBUY0zx0H5eSwYwRh60zr-TU8-36n2ZNdMh7rez4lDvoleNNljqaWGL-xBcluxGvMYCmwRiQcI_2h2VOMFsMGIPUX44k3dh48-Y8A/w346-h320/316080148_8640861175938914_5817916421541867373_n-2.jpg" width="346" /></a></span></div><span><br />I Babaganouj esistono da molti anni (ed hanno Hatchie al basso, giusto per dire), ma questo è il loro disco d'esordio, come se avessero voluto aspettare per riempire la loro cornucopia guitar pop fino a farla esplodere. Jumbo Pets è per l'appunto una collezione eccezionale di canzoni terribilmente orecchiabili, raffinatissime nella scrittura cantautorale e nella produzione, colorate e dinamiche, che ora accelerano ora rallentano, ora coccolano e ora graffiano, con lo stesso intelligente e inafferrabile eclettismo che avevano i Big Star. </span><p></p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1063982821/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://babaganouj.bandcamp.com/album/jumbo-pets">Jumbo Pets by Babaganouj</a></iframe><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">1</span></b></p><p style="text-align: center;"><b><span style="color: #2b00fe; font-size: medium;">Bleach Lab - Lost In A Rush Of Emptiness</span></b></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX90B8FuZ8bDrTxzA-1qE2NDgRITduXHOtZ4ANC5XuamvhRLruBZXeg_XlHvGXRajioi0XYn9iPoUIkVg2e1_JVQHHSBWq1EHxnw96EELLLEm0d-nheA8CyFjJ9LdO9za0B2m2L0283FmBBLLJMAGwyQI3xueHqoygncLtVRYLSzWMSwOq61iSAQ/s1790/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.24.45.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1410" data-original-width="1790" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX90B8FuZ8bDrTxzA-1qE2NDgRITduXHOtZ4ANC5XuamvhRLruBZXeg_XlHvGXRajioi0XYn9iPoUIkVg2e1_JVQHHSBWq1EHxnw96EELLLEm0d-nheA8CyFjJ9LdO9za0B2m2L0283FmBBLLJMAGwyQI3xueHqoygncLtVRYLSzWMSwOq61iSAQ/w400-h316/Screenshot%202023-12-23%20alle%2011.24.45.png" width="400" /></a></div><br />La talentuosa band di Jenna Kyle non ha mai nascosto la propria ambizione. Arrivati finalmente all'album di debutto, i quattro londinesi hanno sfoderato tutte le proprie luccicanti e oliatissime armi sonore e melodiche, mettendo in fila dieci perle di corrusca bellezza, intrise di un romanticismo notturno, piene di crescendo scenografici e chitarre liquide, formalmente ineccepibili ed emotivamente dense, al centro l'enorme fascino vocale di Jenna. In fondo i Bleach Lab sono così personali nello stile che è persino difficile trovare l'etichetta di genere più adatta. Lost In A Rush Of Emptiness è un disco di fluida perfezione, intenso e affascinante, che consacra il gruppo e lo rende una nuova pietra di paragone per l'indie pop di oggi. <p></p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=608228581/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://bleachlab.bandcamp.com/album/lost-in-a-rush-of-emptiness">Lost In A Rush Of Emptiness by Bleach Lab</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-67162370890680410232023-12-11T14:17:00.001+01:002023-12-11T14:17:00.143+01:00EP & SINGOLI [DICEMBRE]<p> <b>EP</b></p><p>Apriamo l'ultima collezione dell'anno con questo interessante progetto che vede insieme Naomi Griffin dei Martha e Adam Todd dei The Spock School. I Get Wrong nascono come omaggio dei due musicisti al synth pop degli Ottanta, dai New Order in giù. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1190288315/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/license_id=3465/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://getwrong.bandcamp.com/album/get-wrong">Get Wrong by Get Wrong</a></iframe><br /><p>Mi è piaciuto molto anche questo ep dei canadesi Thermal, un power pop patinato davvero godibile.</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=954815904/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://therrrmal.bandcamp.com/album/plaster-girl-ep">Plaster Girl EP by Thermal</a></iframe><p>I Model Shop con il loro indie pop colorato, catchy e arioso, molto Teenage Fanclub. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=4172456424/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://modelshop.bandcamp.com/album/check-the-forecast">Check the Forecast by Model Shop</a></iframe><p>Un piccolo gioiello dalla Spagna: l'ep di debutto dei Pálida Tez, pieno di canzoni raffinate e orecchiabili che fanno tornare ala memoria ai La Buena Vida. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1036736818/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://elgenioequivocado.bandcamp.com/album/viaje-a-la-habitaci-n-del-fondo-de-la-casa">Viaje a la habitación del fondo de la casa by Pálida Tez</a></iframe><p><b>SINGOLI</b></p><p>Andy Jossi e Krissy Vanderwoude ci regalano un nuovo pezzo targato The Churchhill Garden. Dream pop in purezza, soffice e leggero come le nuvole. Meraviglia, come sempre. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=3403612192/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://thechurchhillgarden.bandcamp.com/track/dreamless">dreamless by the churchhill garden</a></iframe><div><br /></div><div>Hazel English è molto attiva nel suo autunno californiano. Ecco un nuovo pezzo:</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=1884541556/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://hazelenglish.bandcamp.com/track/real-life">Real Life by Hazel English</a></iframe><div><br /></div><div>Bailey Crone / Bathe Alone è un'altra che non sbaglia un colpo.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=1738961413/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://bathealone.bandcamp.com/track/archive-81">Archive 81 by Bathe Alone</a></iframe><div><br /></div><div>Un po' di shoegaze melodico con i losangelini Mo Dotti.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2650669412/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://mo-dotti.bandcamp.com/album/for-anyone-and-you">For Anyone And You by Mo Dotti</a></iframe><div><br /></div><div>E con i giapponesi Stomp Talk Modstone, sempre più fluidamente catchy. </div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3860572451/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://stomptalkmodstone.bandcamp.com/album/ghost">Ghost by STOMP TALK MODSTONE</a></iframe><div><br /></div><div>Linnea Siggelkow / Ellis è una nostra vecchia conoscenza. Il nuovo singolo mi piace molto.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=2570600075/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://ellissongs.bandcamp.com/track/forever">forever by ellis</a></iframe><div><br /></div><div>Poteva mancare qualcosa dall'Indonesia? Ecco gli adorabili Sharesprings.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=3547440497/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://sharesprings.bandcamp.com/track/here-comes-the-past">Here Comes the Past by Sharesprings</a></iframe><div><br /></div><div>Sempre in ambito dream pop / shoegaze, ho di recente scoperto gli australiani Futureheaven.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=2004382419/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://futureheaven.bandcamp.com/track/imber">Imber by Futureheaven</a></iframe><div><br /></div><div>April June non delude mai.</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=558782704/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://theghostofus.bandcamp.com/track/its-all-my-fault">it's all my fault by april june</a></iframe><div><br /></div><div>Scopro con grande gioia che The Ian Fays sono italiani. Che bella questa canzone, totalmente sopra i generi...</div><div><br /></div><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/track=1664449259/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://wwnbb.bandcamp.com/track/olive-says">Olive Says by The Ian Fays</a></iframe><div><br /></div><div><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-35293528745954442872023-12-07T16:11:00.001+01:002023-12-07T16:11:00.259+01:00Ghost Days - Angel Tears EP REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyCP8S6fgF886Zmz3OSEfb6xmduakfh_K1FrZPPOYsapN3A3j92gGtIQ6CmA25gYIN2OprOaeTxORDb875bVfFl06EV5takERjx7BjaF_9ORGh35c6wiyhpNXWsgXUPrlhuEToc1qkR8AnfuFXL5P_uvsINNXBhQl5Q3zRSHb_LIzaTebTMZRQXg/s1622/Screenshot%202023-12-04%20alle%2016.44.58.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1622" data-original-width="1260" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyCP8S6fgF886Zmz3OSEfb6xmduakfh_K1FrZPPOYsapN3A3j92gGtIQ6CmA25gYIN2OprOaeTxORDb875bVfFl06EV5takERjx7BjaF_9ORGh35c6wiyhpNXWsgXUPrlhuEToc1qkR8AnfuFXL5P_uvsINNXBhQl5Q3zRSHb_LIzaTebTMZRQXg/w311-h400/Screenshot%202023-12-04%20alle%2016.44.58.png" width="311" /></a></div>Non so molto di Alessia Kato, la musicista di Chicago che da diversi anni pubblica i suoi lavori sotto il nome Ghost Days. I suoi singoli ed ep precedenti facevano pensare decisamente ad una versione ancora più eterea ed essenziale del dream pop liquido di Hazel English / Day Wave e già per questo erano opere tanto interessanti, per quanto ancora acerbe.<p></p><p>Per le sue nuove canzoni Alessia ha collaborato con un altro musicista di Chicago, Owney, che ha un presente di indie pop sperimentale condito di suoni elettronici, e sembra essere stata una ottima scelta produttiva. Il risultato, i sette pezzi di Angel Tears, sono davvero un salto in avanti nelle produzioni di Ghost Days, per quanto ne conservino l'anima primigenia e lo stile peculiare.</p><p>Da <i>Heart Apart</i> in poi ogni episodio è incentrato sull'impasto delicatamente sognante della voce di Alessia e di una trina di chitarre jangly inghiottite da echi, riverberi e lente onde di elettricità come sassi gettati in uno stagno. Tutto è gentile e sottilmente triste, sfumato e leggero come vapore, disteso e fluttuante sopra un tappeto ritmico in genere semplicissimo e ricamato da una drum machine (un po' la formula vincente di Castlebeat, per intenderci, e <i>Leave It Behind </i>- pezzo migliore del lotto - possiede in effetti proprio l'aura speciale delle cose più leggiadre e scampanellanti di Josh Hwang).</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1600930142/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://ghostdays.bandcamp.com/album/angel-tears">Angel Tears by ghost days</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-22971073752547747462023-12-02T16:12:00.001+01:002023-12-02T16:12:30.958+01:00Fragile Animals - Slow Motion Burial ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihncBaGr7lUiqVJCUjOlHf7Dq3qpdNaQtzpplyi8DIvOaUVr_DuBdPHgrek7jNlU16TDR2ZvPKeOBh9CUO8DE8aO6W9A6c4FimefcGNYonDC2X8rs2zL5ibTW00m0VQzL3_OzSt_yttSbuEAdi7e26ytjvpxEFXt0XmSwudC0ooyGJSlBtZAqkEw/s2048/Founding-Photos_FA1-2048x1956.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1956" data-original-width="2048" height="362" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihncBaGr7lUiqVJCUjOlHf7Dq3qpdNaQtzpplyi8DIvOaUVr_DuBdPHgrek7jNlU16TDR2ZvPKeOBh9CUO8DE8aO6W9A6c4FimefcGNYonDC2X8rs2zL5ibTW00m0VQzL3_OzSt_yttSbuEAdi7e26ytjvpxEFXt0XmSwudC0ooyGJSlBtZAqkEw/w400-h362/Founding-Photos_FA1-2048x1956.jpg" width="400" /></a></div><br />Il 2023 è stato un buon anno di dream pop: dai Bleach Lab ai Flyyng Colours, dai Churchhill Gardens agli Apartamentos Acapulco, passando per il nuovo degli Slowdive, abbiamo ascoltato tanti bei dischi, che bene o male icarnano altrattante visioni del genere, spingendo più o meno sui due pedali che corrispondono al lato dreamy o al lato pop della faccenda. <p></p><p>I Fragile Animals sono una di quelle band che del dream pop abbracciano il lato più luminoso e scenografico, formalmente curatissimo, innamorato di una forma canzone che scivola sempre inesorabilmente verso un crescendo ed è costruita per strati che si impilano uno sopra l'altro con sonora generosità.</p><p>I due di Brisbane, Victoria Jenkins e Daniel Parkinson, da molti anni producono ottima musica (recuperate tutti i loro ep e singoli sparsi nell'ultimo quinquennio, non ve ne pentirete!), ma non avevano mai pubblicato il loro vero primo album. Che è appunto questo Slow Motion Burial, titolo bizzarro e ancor più bizzarra copertina con il fantasmino onnipresente nelle loro ultime uscite che attende qualcosa o qualcuno su una panchina in un bosco innevato. </p><p>Un pezzo come <i>Overthinking</i>, che introduce l'album, può già fungere da perfetto diorama della musica dei Fragile Animals: la voce morbidamente elegante di Victoria che si muove in un paesaggio liquido e sfumato per la prima metà della canzone, con le chitarre che disegnano scie delicate, e poi il climax elettrico nella seconda metà, con tutti gli strumenti che infine convergono in un crescendo liberatorio.</p><p>Lo schema dei dieci episodi successivi è spesso sovrapponibile a questo, con altrettante variabili che ora insistono più sullo sfrigolio luminoso delle chitarre (<i>Lonely In The Sun</i> assomiglia molto alle cose dei Basement Revolver), ora si fanno più oscure (<i>K.T.M.</i>) e avvolgenti (<i>Start It Over</i> // <i>No More Lies</i>), ora si tuffano nello shoegaze più liquido e languido (<i>Garden</i>), ora imbastiscono ampie e raffinate architetture baluginanti di luci notturne (<i>Everybody Wants The Luck</i>).</p><p>Due momenti spiccano su tutto il resto. Innanzitutto la circolare perfezione di <i>December</i>, che è un vero distillato di dream pop profumato degli aromi di tutti i modelli del genere, dalle Lush ai Night Flowers, dagli Slowdive a Hatchie. E poi il gran finale di <i>Breathe Out And In</i>, con la sua gentile inquietudine che si libera a poco a poco verso una spettacolare conclusione in cui le chitarre si fondono in una cantilenante e sognante spirale elettrica.</p><p>Si potrebbe dire che Slow Motion Burial sia un album sorprendente, ma sarebbe sbagliato, perché in verità gli australiani hanno già dato ampia prova in passato di quanto sappiano maneggiare il genere e gestire scrittura e produzione. E' semplicemente un disco ambizioso, pienamente compiuto, compatto e coerente, elegante e suggestivo in ogni sua singola nota, frutto evidente di un lavoro lunghissimo e intelligente che ha permesso di levigare ogni dettaglio fino ad oggi. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2505368642/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://fragileanimals.bandcamp.com/album/slow-motion-burial">Slow Motion Burial by Fragile Animals</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-25440650083650170752023-11-28T14:00:00.003+01:002023-11-28T14:00:00.142+01:00Deary - Deary EP REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixm8T6Vu4PEoskipvBwKSZIoLiJzEFAhjyQcioeVxWtcsNKwkXDYarPENHi7ZSBw4BTFJvaLp_qwHcZBchrgcgPMoDZUFgGzoDKBFQHyGtXbXFFxso7z6DgrH1mwX_zh9DFUQL_j5LTeWSBatmwSIInYpjvjELQB3LIsmViMh8KBYSwOLFTq04sg/s1568/Screenshot%202023-11-25%20alle%2011.28.38.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="754" data-original-width="1568" height="193" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixm8T6Vu4PEoskipvBwKSZIoLiJzEFAhjyQcioeVxWtcsNKwkXDYarPENHi7ZSBw4BTFJvaLp_qwHcZBchrgcgPMoDZUFgGzoDKBFQHyGtXbXFFxso7z6DgrH1mwX_zh9DFUQL_j5LTeWSBatmwSIInYpjvjELQB3LIsmViMh8KBYSwOLFTq04sg/w400-h193/Screenshot%202023-11-25%20alle%2011.28.38.png" width="400" /></a></div>Proprio sul confine sfumato e allungato in cui lo shoegaze diventa dream pop (o viceversa), dove le Lush si fondono con gli Slowdive, si stagliano idealmente, su uno sfondo di luce e nebbia, le sagome di Ben e Dottie, i due musicisti londinesi che hanno deciso di chiamarsi deary. <p></p><p>Il loro EP d'esordio raccoglie sei pezzi dinamici ed eterei al tempo stesso, che senz'altro risentono dell'amore dichiarato dei due nei confronti di Elizabeth Fraser e dei Cocteau Twins. Fin dall'iniziale <i>Heaven</i>, le chitarre si fanno quasi ovunque liquide, intricate e avvolgenti, i synth (mai invadenti ma basilari) disegnano il paesaggio, la voce delicata di Dottie svolge dal fuso delle melodie di sognante e vagamente malinconica leggerezza.</p><p><i>Fairground</i>, che sta giustamente in mezzo all'ep, è l'episodio più forte del lotto: la ritmica è morbidamente inquieta, il carillon elettronico sembra gocciolare da un bigio cielo urbano, la linea melodica vocale si riflette nello sfondo sonoro e ci scompare dentro. Shoegaze nel'anima, ma senza esserlo fino in fondo.</p><p><i>Want You</i> ci prende per mano e ci porta dentro un romanticismo acustico e crepuscolare.</p><p><i>Beauty in All Blue Satin</i> indossa il vestito di algida raffinatezza che già abbiamo visto addosso a una band come i Bleach Lab, che per molti versi assomigliano ai deary e oggi guidano un'interessante schiera di giovani gruppi dream pop britannici.</p><iframe style="border: 0; width: 100%; height: 120px;" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=176748837/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" seamless><a href="https://deary.bandcamp.com/album/deary">deary by deary</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-1736809080698634452023-11-23T16:00:00.001+01:002023-11-23T16:00:00.141+01:00Apartamentos Acapulco - La Reconciliacion ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO520xIzJmUmH_ifCTtFGwvbR8bDVR4k63LTx0jitAfcw1OGaGKv4ScMcs4X4Yo6t7d0TjMV4VgitWzfR2Vaiy7mDNtZl4XVRJYU_5RoFeNH3y1RvHMkbQYGnWX-9f2XFS2TLqEluB2u61EcFw-EIH4IIeb5C0nLdxDXdGFo1CaB0OaQ1nWbVpjg/s2048/328821107_6254164604607819_1280143442517188689_n.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="455" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO520xIzJmUmH_ifCTtFGwvbR8bDVR4k63LTx0jitAfcw1OGaGKv4ScMcs4X4Yo6t7d0TjMV4VgitWzfR2Vaiy7mDNtZl4XVRJYU_5RoFeNH3y1RvHMkbQYGnWX-9f2XFS2TLqEluB2u61EcFw-EIH4IIeb5C0nLdxDXdGFo1CaB0OaQ1nWbVpjg/w640-h455/328821107_6254164604607819_1280143442517188689_n.jpg" width="640" /></a></div><br />Ci sono alcune band davanti alle quali facciamo fatica a rimanere oggettivi, tanta è la carica di affetto che abbiamo nei loro confronti. Per me, una di queste sono sicuramente gli Apartamentos Acapulco, uno di quei gruppi che seguo da fan da così tanto tempo (il 2015, se calcolo bene) che alla fine ad ogni singolo o album che pubblica è come ritrovare dei vecchi amici a cui non si può che voler bene.<p></p><p>La Reconciliaciòn, che esce oggi dopo una manciata di succulente anticipazioni, è il quinto album della band di Granada, e viene raccontato dai nostri come una sorta di ritorno alle origini, allo spirito con cui un decennio fa Angelina e Ismael cominciarono la loro avventura indie pop. </p><p>Guardando retrospettivamente la produzione degli Apartamentos, la band spagnola non ha mai imboccato in verità strade diverse da quella - a metà perfetta fra power pop e dream pop - scelta fin dagli esordi, e se un'evoluzione c'è, era evidente in quel disco meraviglioso che è <a href="https://www.justanotherpopsong.com/2021/10/apartamentos-acapulco-el-ano-del-tigre.html" target="_blank">El Ano Del Tigre</a>, nel gusto melodico squisito, in quella capacità tutta loro di unire elettricità sferzante e dolcezza senza fine. </p><p>Le canzoni di La Reconciliacion ripartono assolutamente da lì, e non c'è meraviglia alcuna: ci sono tante chitarre, le due voci maschile e femminile che si intersecano e fondono, le scie sognanti dei synth, cioè tutto quello che da sempre la band sa fare con classe sopraffina. </p><p>La caratteristica peculiare dell'album sta allora soprattutto nella sua intelligente varietà, nell'alternarsi di momenti più uptempo, sbarazzini e sorridenti, intrisi dell'aura obliqua dell'indie dei '90 (<i>Migajas,</i><i> Mi Habitaciòn, Nuestro Mejor Momento</i>), ballate illuminate da un romanticismo talmente onesto che strappa qualche lacrima con un catartico crescendo elettrico (<i>Dos Dias Contigo </i>è un capolavoro, punto), angoli acustici di morbido intimismo (<i>Yo Cuidarè De Ti</i>), il pop catchy e saltellante di <i>La Persiana. </i>Nell'apice emozionale dell'album un ampio pezzo dall'architettura incredibile come <i>El Término Medio</i>, che un po' echeggia gli Slowdive di oggi, ma li supera per capacità di lenta ma inesorabile immersione nel racconto e decolla letteralmente nella seconda metà con un cambio di ritmo entusiasmante ed un finale corale spettacolare. E nel finale le chitarre sfrigolanti, i synth atmosferici e la ritmica solenne di <i>Ya No Tengo palabras</i>, che - adesso sì - ci riportano alle prime cose di Ismael e Angelina, a quel dream pop di soffice luminosità, di fervente umanesimo, che amiamo da sempre. </p><p>Che dire? E' impossibile che gli Apartamentos pubblichino canzoni meno che bellissime, e quelle di La Reconciliacion sono un ulteriore fondamentale tassello nella ormai decennale carriera di una della band più importanti dell'indie pop europeo. Come sempre rapiscono, trascinano, esaltano, commuovono. Cosa chiedere di più?</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3332303293/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://apartamentosacapulco.bandcamp.com/album/la-reconciliaci-n">LA RECONCILIACIÓN by Apartamentos Acapulco</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-41617848792898070302023-11-19T15:42:00.000+01:002023-11-19T15:42:00.345+01:00The Smashing Times - This Sporting Life ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixTmBTv1k1W2wwIMirlZDeBNQBbb4NdZNtfsz05GV-Xkkl1vRlNqnRIsP4zBjdb_0c1iYTaThPUi_fzy9mrrArK2oP4WaspQgx8_cSVm-uySoGyXdMcFZKNSvqeJ_Lf7tPTIMUs_-lWP20SIvoWUSV_UC83_mAxxCU3Wzc6opdDrn3hqeH6e5U9w/s1200/0033048733_10.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="885" data-original-width="1200" height="295" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixTmBTv1k1W2wwIMirlZDeBNQBbb4NdZNtfsz05GV-Xkkl1vRlNqnRIsP4zBjdb_0c1iYTaThPUi_fzy9mrrArK2oP4WaspQgx8_cSVm-uySoGyXdMcFZKNSvqeJ_Lf7tPTIMUs_-lWP20SIvoWUSV_UC83_mAxxCU3Wzc6opdDrn3hqeH6e5U9w/w400-h295/0033048733_10.jpg" width="400" /></a></div>Scegliendo per la propria band un nome che rimanda ad una canzone dei Television Personalities, gli Smashing Times hanno evocato programmaticamente la memoria di un singer songwriter genialmente seminale come Dan Treacy, e non è ovviamente un caso se l'indie pop del gruppo di Baltimora possiede in parte proprio quella carica scampanellante, ironica, catchy e sottilmente obliqua.<p></p><p>Gli Smashing Times hanno già diverse pubblicazioni negli ultimi quattro anni, e questo The Sporting Life è il loro secondo album, ancora una volta ispirato ad un'idea di jangle pop che travalica i decenni e si muove con una naturale e sorridente nonchalance sul lunghissimo e sottile ponte che collega Byrds, psichedelia, REM, i gruppi della K Records, della Sarah e della Flying Nun, fino alle ramificazioni più sixities del brit pop e agli Stone Rose, giù giù fino al jangly di oggi (Glenn Donaldson e compagnia). </p><p>Nei sedici pezzi del disco ovviamente tante chitarre tinnanti, una diffusa e luminosa immediatezza, una certa aria straniante e straniata (prendete i sette minuti lisergici di <i>Peppermint Girl</i>), il tutto in una dimensione di artigianale ed essenzialissima spontaneità, che fa sembrare ogni canzone registrata dal vivo. <i>Where Is Rowan Morrison</i>, che in tre minuti e quarantacinque riassume bene lo stile Smashing Times, è il capolavoro del lotto, con un ritornello di sfrontata armonia che se ne esce quasi inaspettato.</p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=4050585162/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://thesmashingtimes.bandcamp.com/album/this-sporting-life">This Sporting Life by The Smashing Times</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-75232293042463080132023-11-11T10:34:00.002+01:002023-11-11T10:34:48.658+01:00Moon In June - ロマンと水色の街 ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVIimRuB9F8UEMRZPNevazeIXkcYrj7H-Ruh_rCWNf6Nwi_rAYz7etRuYpNOPPyCU2xHa7Z3KiitfGWIXbC9a9e1u138QBnTL7UEV4er_6t4SY5Sgh53KhjRabg71i4IU_PmYRXv4A0e7ZQJP9ZPQ71EQXl6PuJvgk9ZNpfc_pzY7iy_j34-iREw/s1006/Screenshot%202023-11-11%20alle%2009.59.43.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="764" data-original-width="1006" height="304" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVIimRuB9F8UEMRZPNevazeIXkcYrj7H-Ruh_rCWNf6Nwi_rAYz7etRuYpNOPPyCU2xHa7Z3KiitfGWIXbC9a9e1u138QBnTL7UEV4er_6t4SY5Sgh53KhjRabg71i4IU_PmYRXv4A0e7ZQJP9ZPQ71EQXl6PuJvgk9ZNpfc_pzY7iy_j34-iREw/w400-h304/Screenshot%202023-11-11%20alle%2009.59.43.png" width="400" /></a></div>Da sempre il Giappone è terra fertile per tutto quello che ha a che fare con l'indie pop, specialmente sul versante shoegaze, tuttavia non ho mai frequentato molti gruppi nipponici (l'unico che conosco abbastanza bene e che apprezzo sono gli Stomp Talk Modstone). <p></p><p>Non avevo molte aspettative quando mi sono imbattuto in questo album di debutto dei Moon In June (e confesso che non amo le copertine in stile manga), e invece alla fine mi sono innamorato del loro dream pop così luminoso e catchy, in fondo così simile a quello di band che adoro come Night Flowers o The Blue Herons.</p><p>Il background dei Moon In June è dichiaratamente legato allo shoegaze (nel lotto c'è una canzone intitolata <i>Slowdive</i>, e abbiamo detto tutto), tuttavia - anche ascoltando i precedenti - appare evidente come il gruppo giapponese utilizzi l'architettura fuzzy delle chitarre non come elemento portante ma piuttosto come elemento estetico che contribuisce ad una visione sonora decisamente pop. </p><p>Non c'è un secondo nei dodici pezzi del disco che non esibisca una decisa apertura melodica, tanto che affiorano pure qua e là echi dei primi Oasis (<i>Fuzzzzy Moon</i>, <i>Overdriver</i>). Se dovessimo indicare i veri padrini stilistici della band faremmo però subito il nome dei Say Sue Me, per quella capacità di mescolare ruvido e morbido, elettricità e zucchero. Tanto che, a dirla tutta, i cinque di Tokyo potenzialmente potrebbero già rivaleggiare con il blasonato gruppo coreano per talento di scrittura, pulizia del suono, piacevolezza e modulazione dei toni e delle atmosfere. </p><p>Ci sono pezzi davvero molto pop (e molto giapponesi nel gusto melodico, d'altra parte anche le liriche sono nel loro linguaggio materno) tra i dodici, ma anche episodi più muscolari ed altri più dilatati, a squadernare tutte le possibilità espressive che la band sembra possedere, e a mostrare una dimensione che pare già compiutamente internazionale e che meriterebbe a Moon In June un'attenzione non limitata alla sola scena nipponica. </p><p>Per quanto mi riguarda, uno degli album migliori del 2023. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=1562278405/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/transparent=true/" style="border: 0; height: 470px; width: 350px;"><a href="https://mooninjunetokyo.bandcamp.com/album/-">ロマンと水色の街 by Moon In June</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-79233686490721358022023-11-06T16:57:00.001+01:002023-11-06T16:57:00.154+01:00THALA - twotwentytwo EP REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhp7bX36fFtaumLFAzGYz1uZFz_vdJi8Muh8y4_CCSfOJDbJ7pdBc0jKA49YlErU5oxXB0ChguVi2ThejMCZTWjfufZxGnuPrsasT0R0XAWd9cGGjmlov3fGgMVBMR9nA8tvpBrX4Mm4bhUlMH3UQ3Of4M9xycJCqAMed7b5TNUox8HGhiJaLOimg/s1794/397994386_876762067304608_5157084357055093776_n.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1794" data-original-width="1440" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhp7bX36fFtaumLFAzGYz1uZFz_vdJi8Muh8y4_CCSfOJDbJ7pdBc0jKA49YlErU5oxXB0ChguVi2ThejMCZTWjfufZxGnuPrsasT0R0XAWd9cGGjmlov3fGgMVBMR9nA8tvpBrX4Mm4bhUlMH3UQ3Of4M9xycJCqAMed7b5TNUox8HGhiJaLOimg/w323-h400/397994386_876762067304608_5157084357055093776_n.jpg" width="323" /></a></div>Spesso gli artisti che, nello stesso anno in cui hanno pubblicato un album, fanno uscire immediatamente un seguito, lo fanno per dare luce anche a pezzi che sono rimasti esclusi dal disco per qualche motivo. Probabile che sia il caso anche di questo ep lungo con il quale THALA prosegue il discorso iniziato quest'estate con <a href="https://www.justanotherpopsong.com/2023/07/thala-in-theory-depression-album-review.html" target="_blank">In Theory Depression</a>. Discorso che verteva - lo dicevamo a luglio - ormai su argomenti maggiormente vicini alla dimensione del cantautorato che a quella del dream pop con il quale la berlinese aveva esordito. <p></p><p>Ciò che sorprende (positivamente) del nuovo ep allora non è una particolare svolta stilistica, quanto la straordinari qualità di queste sei canzoni, che nell'album non solo non avrebbero sfigurato, ma forse si sarebbero prese la copertina e avrebbero reso l'intero disco ancora più bello e completo. </p><p>Già a partire dall'incipit di <i>It Was You</i>, THALA dimostra di avere abbracciato anima e corpo un mondo espressivo affine a quello di Sharon Van Etten, della prima Laura Stevenson, di Waxahatchee e Soccer Mommy: forte emotività, chitarre spesso poderose, oscurità e melodia, dolcezza e catartica elettricità fuse perfettamente insieme, sofferto intimismo delle liriche, grande senso scenografico che però non va mai sopra le righe. </p><p>Con, in più, uno sforzo produttivo (lo notavamo già nell'album) che da un lato ripulisce il suono e dall'altro rende particolarmente efficace e spettacolare la dialettica tra toni soffusi ed esplosioni di energia. Il pezzo che dà il titolo alla raccolta, <i>twotwentytwo</i>, ricalca invece talmente in profondità la soffice densità di Phoebe Bridgers da sembrare davvero una outtake estrapolata da un suo disco. </p><p>Da ascoltare insieme a In Theory Depression, come se ne fosse un ideale e riuscitissimo lato C. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=3194698116/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://thalaofficial.bandcamp.com/album/twotwentytwo">twotwentytwo by THALA</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-35400213.post-17163656062366149872023-11-02T14:00:00.003+01:002023-11-02T14:00:00.149+01:00The Photocopies - Unprofessional Conduct ALBUM REVIEW<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSRcMnFWeoPdoaOteXFXbIlqxcfpvdjrO8CD_2Uh1VCo7_unOgAeMZ1LQh8BlALXJpZxf7Ju4nIuZk6DU41PzIAIadJOxbgkVOdYinebi2uEp6MroSc9iMOcWccbpoK-p6pbxRchmHE9yEKA79F34-nzj8wUA8smLJ3TgTVvSUqFF-gaRQZ5eqTg/s1200/0029557845_10.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1200" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSRcMnFWeoPdoaOteXFXbIlqxcfpvdjrO8CD_2Uh1VCo7_unOgAeMZ1LQh8BlALXJpZxf7Ju4nIuZk6DU41PzIAIadJOxbgkVOdYinebi2uEp6MroSc9iMOcWccbpoK-p6pbxRchmHE9yEKA79F34-nzj8wUA8smLJ3TgTVvSUqFF-gaRQZ5eqTg/w400-h400/0029557845_10.jpg" width="400" /></a></div>Considerando che il <a href="https://thephotocopies.bandcamp.com/album/good-riddance-single" target="_blank">primo singolo</a> targato The Photocopies risale al giugno del 2021, e da allora - sono passati appena due anni - Sean Turner ha pubblicato un numero ormai non computabile di altri singoli, doppi a-side, raccolte di b-side, ep, album, mini-album, compilation e quant'altro, c'è davvero da chiedersi quali incredibili risorse possiede il musicista basato nel Michigan per produrre (da solo!) una tale mole di canzoni.<p></p><p>Da sempre Turner interpreta in modo originale l'eredità indie pop di stampo C86 (chitarre jangly e sfrigolanti, totale economia di mezzi, ritmiche dritte e sovente uptempo, melodia intrisa di ironia, liriche torrenziali e ricche di jokes e citazioni, filosofia twee) e in verità i suoi pezzi hanno spesso assunto l'aspetto di sketches di un minuto o poco più, giusto il tempo di una strofa ed un ritornello killer e sotto con un altro. </p><p>Nelle ultime uscite però The Photocopies hanno però aggiunto ingrediente dopo ingrediente alla già funzionale formula del loro guitar pop, parallelamente ai colori sgargianti che hanno invaso le loro copertine. Se nel precedente album <a href="https://thephotocopies.bandcamp.com/album/top-of-the-pops-album" target="_blank">Top Of The Pops</a> l'idea della one minute pop song aveva toccato una perfezione programmatica non ripetibile, in questo Unprofessional Conduct quasi tutte le canzoni assumono una dimensione che è, diciamo, maggiormente canonica, compiuta e distesa, facendo pensare non più ad un variopinto giocattolo piacevole e pure un po' troppo intellettuale, ma a un'idea di indie pop che saccheggia un'intera tradizione e si avvicina in molti episodi ai primi Teenage Fanclub o persino alle cose più rock e ritmate dei Belle & Sebastian (sentite <i>There Is No Us Anymore</i> e ditemi se non ho ragione). </p><p>Canzoni contagiose e super catchy come <i>Doing It For The Kids,</i> <i>Divine Intervention,</i> <i>Think About It All The Time</i>, <i>We're Not Photocopies</i> (lo dichiaro: è il mio pezzo preferito di tutto il suo catalogo) potrebbero sembrare un punto di arrivo nel prolifico e per certi versi miracoloso songwriting di Sean Turner, visto che ne conservano lo spirito di ruvida immediatezza distendendolo su una tavolozza più ampia e tridimensionale, con un utilizzo del synth oltre alle chitarre. Ma poi da un artista inarrestabile e originale come lui ci aspettiamo che nel prossimo album (che sarà come minimo un quadruplo concept ed uscirà fra due settimane) cambierà tutto un'altra volta. E comunque vada sarà un successo. </p><iframe seamless="" src="https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2626347986/size=large/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/tracklist=false/artwork=small/transparent=true/" style="border: 0; height: 120px; width: 100%;"><a href="https://thephotocopies.bandcamp.com/album/unprofessional-conduct-album">Unprofessional Conduct (album) by The Photocopies</a></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0