06 maggio 2023

Crush - Past Perfect ALBUM REVIEW

Ci sono diverse buone ragioni per cui i Crush sono una band sorprendente. La prima è la loro provenienza - Graz, in Austria - che non è il primo luogo che ti viene in mente pensando ad una scena indie pop. La seconda sta nei modelli che il gruppo cita, Blondie, ABBA, Fleetwood Mac, Kate Bush, che inquadrano un'idea di pop con la p maiuscola e un periodo storico che sfora appena in quegli anni '80 che citano ormai più o meno tutti al giorno d'oggi ma non tutti sanno maneggiare con la cura necessaria. La terza - quella definitiva - sta nella capacità dei cinque austriaci di emanare una sensazione di floreale freschezza in qualsiasi cosa suonino, tanto che quegli stessi modelli (che un po' si sentono, certo, insieme a molti altri) sembrano sciogliersi come zucchero in un frullato multicolore e multivitaminico di totale piacevolezza melodica.

Diciamo subito che Christina Lessiak e i suoi compagni non hanno paura di viaggiare sempre con leggerezza appena sopra le righe, ma lo fanno con un'abilità tale e con uno spirito così libero da mostrare un'eleganza pop che pochi possono vantare, sfoggiando i vestiti variopinti di un guitar pop 

Nell'album - che è il secondo dei Crush, distante 5 anni dal precedente - ci sono ovviamente canzoni di grandissima forza: The Rush, che è la testa d'ariete del disco, gioiosamente uptempo e sfrontata come un singolo delle Bangles; Great Unknown, che sembra scritta sul margine dello spartito di Friday I'm In Love dei Cure ma poi prende una strada completamente diversa; Speed Of Light e Just Work No Play, che sono gli episodi più canonicamente indie pop del lotto e spingono sul pedale catchyness a tutto gas; Where Flowers Grow, che sta a metà fra i Cardigans e i The School e definisce bene il mondo dei Crush, sospeso fra le chitarre dei '90, i synth degli '80, la ruffiana raffinatezza del pop radiofonico dei '70 (ecco gli ABBA) e l'anima soul dei girl groups dei '60. 

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