24 febbraio 2021

Hoorsees - Hoorsees ALBUM


Bene o male tutta la musica di cui ci occupiamo qui ha le proprie radici ben sprofondate nell'indie di venti, trenta (o forse addirittura quaranta) anni fa. Ci sono band che suonano nostalgiche in modo dichiarato: citano le loro fonti, cercano di assomigliare loro con spirito filologico. Altre invece suonano non tanto con un modello in mente, ma come se loro stesse vivessero dentro una dimensione parallela in cui il tempo si è cristallizzato in un determinato anno. 

E' il caso probabilmente dei parigini Hoorsees che, cercandoli con la macchina del tempo, potremmo trovare in studio dalla parti del 2002, con la scena dominata dall'esordio degli Interpol e degli Strokes, in un passaggio ideale fra la generazione straordinaria dei Pavement e quella di una serie di giovanissimi post-post punk che cercano di rendere potabili i Joy Division vent'anni dopo. 

Le nove canzoni dell' omonimo disco di debutto degli Hoorsees ci mostrano quattro ragazzi di grandissimo talento, capaci di una scrittura mai scontata, alla ricerca costante di una scenografica piacevolezza ma anche di strutture più articolate, davvero a metà strada tra luci melodiche e umori ombrosi. Overdry, il piccolo inno guitar pop che apre l'album, con il suo retrogusto alla Cure, sarà senz'altro uno dei pezzi che segneremo nella lista dei memorabili a fine 2021, ma anche negli episodi successivi (Pitfall e Get Tired sono altri gioiellini) è evidente una straripante voglia di intrecciare chitarre e farlo con entusiasmo. 

20 febbraio 2021

The Boys With The Perpetual Nervousness - Songs From Another Life ALBUM

Di certo questo anno di lockdown vari non ha spaventato due musicisti come Gonzalo Marcos e Andrew Taylor, che a lavorare senza stare nello stesso studio sono già perfettamente abituati. La loro creatura musicale dal nome lunghissimo - lo ricordiamo, è una citazione di un pezzo dei Feelies - nasce in effetti come una collaborazione a distanza fra grandi appassionati di un genere, il jangle pop, che i due maneggiano con eccezionale grazia, rispetto filologico e personalità fin dal primo album

Songs From Another Life - il titolo ci sembra riassumere perfettamente il divario fra il loro mondo musicale luminoso e cristallino e la cupa realtà di questi tempi - è stato concepito a Edimburgo e a San Sebastian senza che Andrew e Gonzalo si incontrassero, e tuttavia pochi album come questo esprimono con tanta naturalezza una totale comunione di intenti artistici.

I dieci pezzi riflettono (non riproducono) lo stile dei grandi nomi del canone jangly (non li cito, li conoscete), con una predilezione particolare per i Teenage Fanclub del periodo più pop, ma lo fanno con una leggerezza ed una freschezza che hanno davvero pochi pari in giro. C'è tutto quello che serve: chitarre che si rincorrono scampanellanti, dinamiche rotonde, melodie di programmatica morbidezza e orecchiabilità, la voce splendida di Andrew ed una cura dei particolari veramente ammirevole che rende ogni canzone una pura carezza per chi ascolta. 

15 febbraio 2021

Fritz - Pastel ALBUM

Tilly Murphy, enfant prodige dell'indie pop australiano, ha pubblicato il primo album a nome Fritz quando aveva 17 anni, scrivendo, suonando e producendo tutto da sola. Nei quattro anni successivi ha continuato ad affinare le proprie doti con una serie di singoli che facevano presagire un'opera seconda esplosiva. E così è stato, perché Pastel è letteralmente una bomba, un album talmente compatto, ispirato, travolgente nella sua deflagrante spinta post-adolescenziale da sembrare quasi impossibile che questa ragazza faccia davvero tutto da sola. 
Il post-punk muscolare di Fritz è ovviamente incentrato sulle chitarre, sfrigolanti di energia statica, e su ritmi invariabilmente quadrati e uptempo. L'uso dei synth e della voce, di evidente scuola dream pop esattamente come le melodie di zuccherosa, cantilenante  ed ampia leggerezza, danno poi alle canzoni di Tilly quella solare immediatezza che va subito a segno e si stampa subito in testa. 
La palette di Fritz poi in verità va in cerca di molte sfumature diverse fra episodio ed episodio: ora echeggia band che amiamo da queste parti come i Westkust (SweetieArrow, Ghost Poke), ora fa incursioni efficacissime nel territorio degli Alvvays (Pastel), a momenti va a persino ricalcare ironicamente i Ramones (She's Gonna Hate Me) e subito dopo offre un pasticcino alla Heavenly (Gracie Forgive Me), rallenta al momento opportuno mettendo insieme tagli e carezze (Die Happily) e riparte con uno stravagante luminosissimo matrimonio fra jangle pop e vocoder (U Keep Me Alive), con un effetto straniante e adorabile al tempo stesso, per concludere con il numero più dichiaratamente dream pop del lotto (Jan 1) che potrebbe essere una Hatchie con tutti i distorsioni aperti. 
In appena mezz'ora ce n'è abbastanza per scrivere idealmente un piccolo ma significativo trattato sull'indie pop più elettrico di oggi, vista la spettacolare naturalezza con la quale Tilly Murphy sembra maneggiare il genere. 
Imperdibile. 

10 febbraio 2021

Sun June - Somewhere ALBUM

C'è un mondo intero dentro la definizione di "regret pop" che i Sun June si sono esplicitamente auto-attribuiti. Un mondo legato al loro personalissimo stile musicale che sembra attraversare i generi e le epoche senza appartenere a nessuno di essi. E ovviamente insito nella arguta e poetica malinconia di tutte le loro liriche.

Laura Colwell e Stephen Salisbury, coppia nella vita e fondatori del gruppo in quella piccola repubblica partigiana dell'indie di qualità che è Austin, Texas, fin dai loro primi passi sono sembrati un piccolo miracolo di eleganza atemporale. Arrivati - con la giusta calma - al secondo album, è evidente che i Sun June non solo hanno la sicurezza dei musicisti di alto livello, ma possiedono delle doti di scrittura di eccezionale equilibrio e raffinatezza. 

Di per sé le canzoni dei Sun June sembrano tutte nascere intorno alla voce di seta e miele della Colwell - una di quelle che, per quanto possa sembrare un cliché, lascerebbe a bocca aperta qualsiasi cosa cantasse - ma poi si aprono e sollevano con aerea leggerezza appoggiandosi alle chitarre arpeggiate di echi, ad una sezione ritmica di solida delicatezza, ad una serie di crescendo melodici che azzardano di essere pop e che lo sono forse solo in parte. 

Dentro le pagine dei pezzi, parole di grande bellezza che citano Bob Dylan, Stevie Nicks, Patti Smith, Jackie O, Los Angeles e Manhattan, a definire ancora una volta quella dimensione narrativa vasta e un po' intellettuale che dicevamo sopra. 

Somewhere è, in definitiva, un album di diafana ma al contempo morbida bellezza, dove non c'è la passione sferzante di band come i Big Thief che ai Sun June potremmo accostare, ma una luminosa gentilezza fatta di velluto candido e sereno fragile romanticismo. 

05 febbraio 2021

Typhoon - Sympathetic Magic ALBUM


Ho scoperto i Typhoon relativamente tardi rispetto alla loro lunghissima (ma decisamente sotterranea) militanza nella scena indie americana e, in verità, pur trovandoli bravissimi, ho sempre fatto fatica a capire fino in fondo la loro proposta. Riascoltando oggi i loro ultimi album, mi sembrano tuttora una band frullatore che mette insieme pezzi di Neutral Milk Hotel, Bright Eyes, Death Cab For Cutie e cento altre suggestioni, tra folk e math rock. Forse troppo per me. E decisamente poco indie pop... 

Poi mi è capitato, in questi giorni, di imbattermi Sympathetic Magic, che è il loro quinto album, e da subito l'ho trovato incantevole. Kyle Morton, anima di una band talmente numerosa da sembrare più una sorta di collettivo, ha scritto tutte le canzoni del disco nella solitudine di casa durante il lockdown. Le registrazioni - segno dei tempi - sono avvenute a distanza, con le varie parti suonate e poi messe insieme in un secondo tempo. 

Il risultato, nonostante (o forse proprio grazie a) questa condizione eccezionale, hanno un impatto vagamente straniante: c'è, evidente, un'anima acustica essenziale al centro di ogni pezzo, ma nello stesso tempo, attorno ad essa, crescono a poco a poco arrangiamenti di elegante complessità e spiazzante bellezza, ora più nudi e intimi, ora più ampi e ricchi di strumenti diversi, pianoforte, archi e fiati. Da sempre le canzoni di Morton hanno un valore poetico anche e soprattutto nelle liriche, e quelle di Sympatetic Magic non sono certo da meno. Quello che mi pare funzioni di più e meglio è l'equilibrio del tutto, un equilibrio che sembra promanare da una fortissima esigenza di esprimere le emozioni di un momento di serena drammaticità e che ha trovato, nella collaborazione di musicisti lontani ma in fondo vicini, un moltiplicatore perfetto.